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giovedì 11 novembre 2010

Il vescovo di Baghdad: «Il mondo non ci abbandoni»

Il vescovo di Baghdad: «Il mondo non ci abbandoni»

L'impatto della tragedia del 1° novembre sulla comunità cristiana di Baghdad si può ben capire dalle parole di monsignor Shlemon Warduni.
Avvenire, 1 novembre 2010


[ppwarduni240608.jpg]"Una tragedia del genere era impensabile persino in un Paese senza sicurezza né stabilità come l'Iraq". Lo ha affermato il vescovo di Baghdad, monsignor Shlemon Warduni, guida spirituale dei caldei e membro in Vaticano del Consiglio speciale per il Medio Oriente, in un'intervista a La Stampa. "Come minoranza - aggiunge - siamo un bersaglio costante e conviviamo con un logorante senso di precarietà e di timore". 

Secondo il vescovo, la tragedia nella chiesa di Nostra Signora del Soccorso è "un martirio rivolto al  mondo intero perché è tutta l'umanità a precipitare nell'abisso se si muore per essere andati a messa" e confessa di sentirsi responsabile per i suoi fedeli, ai quali suggerisce di non emigrare ma "poi succedono fatti come questi, aberrazioni che cancellano ogni argine di civiltà - aggiunge - e ciò che diciamo perde attendibilità, anzi, sembra controproducente".

"Viene lo sconforto anche a me - prosegue monsignor Warduni - davanti ai lenzuoli bianchi di persone miti, uccise in chiesa. C'è anche il corpicino senza vita di una bambina. Per non cadere nella disperazione, quaggiù le persone devono avere una fede talmente forte, da essere addirittura pronte, come cristiani, alla testimonianza estrema, alla morte".

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Caccia ai cristiani a Bagdad  Perfino i mortai per ucciderli

di Roberto Fabbri

È ormai caccia ai cristiani nei quartieri di Bagdad, la capitale irachena dove vive circa la metà del mezzo milione di loro che è rimasto in Irak. Ieri in una nuova serie di attacchi contro le case e le proprietà dei cristiani sono stati fatti esplodere dieci granate e addirittura due colpi di mortaio nei distretti di Zayouna, Duara e al-Mansour.
Sei sono state le vittime degli attacchi e 33 i feriti. Responsabili sono i terroristi islamici di Al Qaida in Irak, che nei giorni scorsi avevano preannunciato l’avvio di una campagna anticristiana.
Gli attacchi di ieri seguono il sanguinoso assalto dello scorso 31 ottobre alla chiesa siro-cattolica di Nostra Signora della Salvezza a Bagdad, nel quartiere di Karrada, che aveva provocato la morte di 57 persone e il ferimento di altre cento. I terroristi di Al Qaida erano del resto stati chiarissimi: «Tutti i centri, dirigenti, organizzazioni, istituzioni e fedeli cristiani sono bersagli legittimi per i mujaheddin», avevano detto in un comunicato, firmato dallo Stato islamico in Irak, la succursale irachena dell’internazionale del terrore.
Appare ormai evidente la strategia scelta dai seguaci di Osama bin Laden: indurre i cristiani iracheni, che vivono in quel Paese da quasi duemila anni, ad abbandonare per paura la loro patria, dove hanno sempre convissuto pacificamente con i musulmani, e a rifugiarsi all’estero. Un obiettivo che non sembra irrealistico se ieri monsignor Atanase Matti Shaba Matoka, arcivescovo siro-cattolico di Bagdad, ha parlato di «terrore che bussa alle nostre porte», aggiungendo: «Le famiglie sono sconvolte. Tutti vogliono fuggire».
Di questa preoccupazione si sono ieri fatti interpreti in molti ai livelli più alti della politica internazionale e ovviamente della Chiesa cattolica. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si è detto «costernato» per la raffica di attentati contro i cristiani in Irak, e ha condannato gli attacchi. Lo ha riferito il presidente di turno dei Quindici, Mark Llayl Grant, ambasciatore della Gran Bretagna al Palazzo di Vetro. Il suo collega francese, Gerard Araud ha sottolineato che i cristiani sono «in prima linea» nel processo di ricostruzione democratica irachena. I «fondamentalisti», secondo Araud, «vogliono distruggere deliberatamente la comunità cristiana presente nel Paese». A Roma, il ministero degli Esteri ha espresso una forte condanna, chiedendo che il prossimo Consiglio degli esteri europeo discuta la questione.
Nella Chiesa, le parole del patriarca caldeo di Bagdad Emmanuel III Delly hanno fotografato la drammatica incertezza della situazione: «Contro la nuova ondata di terrorismo che ha messo nel mirino i cristiani di Irak, non si può far nulla se non pregare Dio affinchè fermi questi crimini», ha detto il cardinale. Il già citato arcivescovo Shaba Matoka ha invece chiesto direttamente l’aiuto del Papa. Così il segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone si è rivolto alle autorità irachene, chiedendo che «prendano in seria considerazionè il problema della difesa dei cristiani in Irak».

© Copyright Il Giornale, 10 novembre 2010 consultabile online anche qui.

1 commento:

  1. E, sì ! Proprio una strage preordinata e schifosa come quella di uccidere credenti raccolti in preghiera(come sempre cristiani, prede preferite nel mondo) poteva smuovere il card. Bertone. Peccato che da varie parti politiche italiane non un gesto di protesta. Dagli Usa non una parola. Da Obama il filo-islamico non un accenno, forse troppo intento al suo dramma nelle elezioni.Che importa ai "benpensanti" di sinistra od agli americani, dei cristiani iracheni vissuti là da secoli prima degli islamici invasori? Come anche non importa dei cristiani copti d'Egitto, vissuti da sempre in Egitto, prima dell'arrivo dell'islam.Che sanno gli americani e la gran parte degli europei, della cristianità nordafricana e medio-orientale prima della conquista araba ?

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