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lunedì 1 novembre 2010

TUTTI I SANTI - IN OMNIUM SANCTÓRUM (s) 1 novembre 2010...

MISSALE ROMANUM
Lunedì, 1 Novembre 2010

TUTTI I SANTI - SOLENNITÀ

Un vescovo zelante recluso in purgatorio


Nel libretto intitolato “I nostri morti – La casa di tutti”, Don Giuseppe Tomaselli narra un fatto che fa riflettere. Un giorno, un anziano sacerdote gli disse che viaggiando tanto per l'Europa, l'Asia e l'Africa, aveva avuto modo di conoscere numerosi religiosi e prelati; ma l'uomo più santo che aveva conosciuto era stato Mons. Giovanni Battista Marenco, il zelantissimo vescovo della diocesi di Massa Carrara, morto il 22 ottobre 1921. Dopo circa sette anni dal decesso, in un convento di suore salesiane accadde un fatto sorprendente. Un giorno, verso l'imbrunire, la suora portinaia era nel cortile. Il portone era chiuso. Con sua meraviglia vide sotto i portici un ecclesiastico che passeggiava col capo chino e meditabondo. La suora domandò tra sé chi fosse quella persona, e come aveva fatto ad entrare se il portone era chiuso. Avvicinatasi riconobbe Mons. Marenco.

- Eccellenza, e voi qui?... Non siete morto?...
- Mi avete lasciato in Purgatorio!... Ho lavorato tanto in questo Istituto e non si prega più per me!
- In Purgatorio?... Un Vescovo così santo?...
- Non basta esser santi davanti agli uomini; bisogna essere tali davanti a Dio!... Pregate per me!...

Ciò detto, sparì. La Suora corse ad informare la superiora, e l'indomani tutte e due si diressero alla volta di Torino, per narrare il fatto al Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Filippo Rinaldi, il quale indisse pubbliche preghiere nel Santuario di Maria Ausiliatrice, onde intensificare i suffragi. Dopo una settimana Mons. Marenco riapparve nello stesso Istituto, dicendo: Sono uscito dal Purgatorio!... Ringrazio della carità!... Prego per voi! -

Questo fatto deve far riflettere. Se un vescovo zelantissimo e di grande virtù è stato tenuto per anni a soffrire atrocemente in purgatorio, figuriamoci cosa accade a quelle anime che conducono una vita rilassata e peccaminosa, e che si salvano per un pelo, dopo aver fatto in fin di vita una Confessione appena accettabile.
 



EVANGÉLIUM
Sequéntia S. Evangélii secundum Matthǽum, 5, 1-12
In illo témpore: Vídens Iesus turbas, ascéndit in montem, et cum sedísset, accessérunt ad eum discípuli eius, et apériens os suum docébat eos, dicens: Beáti páuperes spíritu: quóniam ipsórum est regnum coelórum. Beáti mites: quóniam ipsi possidébunt terram. Beáti qui lugent: quóniam ipsi consolabúntur. Beáti qui esúriunt et sítiunt iustítiam: quóniam ipsi saturabúntur. Beáti misericórdes: quóniam ipsi misericórdiam consequéntur. Beáti mundo corde: quóniam ipsi Deum vidébunt. Beáti pacífici: quóniam fílii Dei vocabúntur. Beáti qui persecutiónem patiúntur propter iustítiam: quóniam ipsórum est regnum coelórum. Beáti estis cum maledíxerint vobis, et persecúti vos fúerint, et díxerint omne malum advérsum vos, mentiéntes, propter me: gaudéte, et exsultáte, quóniam merces vestra copiósa est in coelis.

In quel tempo Gesù vedendo le folle, salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

Affrettiamoci verso i fratelli che ci aspettano

Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate (Disc. 2; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968] 364-368)

che serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità? Perché ad essi gli onori di questa stessa terra quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre celeste li onora? A che dunque i nostri encomi per essi? I santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. E' chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro.

Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri.

Il primo desiderio, che la memoria dei santi o suscita o stimola maggiormente in noi, è quello di godere della loro tanto dolce compagnia e di meritare di essere concittadini e familiari degli spiriti beati, di trovarci insieme all'assemblea dei patriarchi, alle schiere dei profeti, al senato degli apostoli, agli eserciti numerosi dei martiri, alla comunità dei confessori, ai cori delle vergini, di essere insomma riuniti e felici nella comunione di tutti i santi.

Ci attende la primitiva comunità dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo? I santi desiderano di averci con loro e noi e ce ne mostreremo indifferenti? I giusti ci aspettano, e noi non ce ne prenderemo cura? No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo. Sentiamo il desiderio di coloro che ci desiderano, affrettiamoci verso coloro che ci aspettano, anticipano con i voti dell'anima la condizione di coloro che ci attendono. Non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia dei santi, ma anche di possederne la felicità. Mentre dunque bramiamo di stare insieme a loro, stimoliamo nel nostro cuore l'aspirazione più intensa a condividerne la gloria. Questa bramosia non è certo disdicevole, perché una tale fame di gloria è tutt'altro che pericolosa.

Vi è un secondo desiderio che viene suscitato in noi dalla commemorazione dei santi, ed è quello che Cristo, nostra vita, si mostri anche a noi come a loro, e noi pure facciamo con lui la nostra apparizione nella gloria. Frattanto il nostro capo si presenta a noi non come è ora in cielo, ma nella forma che ha voluto assumere per noi qui in terra. Lo vediamo quindi non coronato di gloria, ma circondato dalle spine dei nostri peccati.
Si vergogni perciò ogni membro di far sfoggio di ricercatezza sotto un capo coronato di spine. Comprenda che le sue eleganze non gli fanno onore, ma lo espongono al ridicolo.

Giungerà il momento della venuta di Cristo, quando non si annunzierà più la sua morte. Allora sapremo che anche noi siamo morti e che la nostra vita è nascosta con lui in Dio.

Allora Cristo apparirà come capo glorioso e con lui brilleranno le membra glorificate. Allora trasformerà il nostri corpo umiliato, rendendolo simile alla gloria del capo, che è lui stesso.

Nutriamo dunque liberamente la brama della gloria. Ne abbiamo ogni diritto. Ma perché la speranza di una felicità così incomparabile abbia a diventare realtà, ci è necessario il soccorso dei santi. Sollecitiamolo premurosamente. Così, per loro intercessione, arriveremo là dove da soli non potremmo mai pensare di giungere.

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