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martedì 23 novembre 2010
Arnaldo Vidigal Xavier Da Silveira da “Catolicismo”, San Paolo del Brasile, 1969 PARTE SECONDA (luglio 1969) SE VI POSSA ESSERE L’ERRORE NEI DOCUMENTI DEL MAGISTERO a cura di don CURZIO NITOGLIA
SE VI POSSA ESSERE L’ERRORE NEI DOCUMENTI DEL MAGISTERO
La teologia ci fornisce numerose ragioni a sostegno della tesi secondo cui, in via di principio, vi possono essere errori in documenti del magistero non forniti delle condizioni di infallibilità. Tali ragioni sono tante e di tale peso che ci pare sufficiente fare cenno ad alcune di esse per dare al lettore una visione sommaria dell'argomento.
Possibilità di errori in documenti episcopali
Dobbiamo anzitutto notare che il magistero della Chiesa è dato dal Papa e dai vescovi, unici autorizzati a parlare ufficialmente a nome della Chiesa, come interpreti autentici della Rivelazione. Sacerdoti e teologi non godono del privilegio dell’infallibilità, in nessuna ipotesi, neppure quando insegnano con la missione canonica ricevuta dal Papa o da un vescovo. Anche i vescovi, quando parlano isolatamente o insieme, possono errare, a meno che, in Concilio o fuori di esso, definiscano un dogma, assieme al Sommo Pontefice (cum Petro et sub Petro). Nella dottrina della Chiesa è pacifico il principio secondo cui i vescovi non sono mai infallibili quando si pronunciano senza il Sommo Pontefice. In proposito mons. Antonio de Castro Mayer, vescovo di Campos, scrive: «essendo infallibile il magistero pontificio, e fallibile, anche se ufficiale, quello dei singoli vescovi, è possibile, per la fragilità umana, che uno o altro vescovo cada in errore; e la storia registra alcune di tali eventualità». A questo punto, dunque, s’impone una conclusione: quando, ragioni evidenti mostrano che un vescovo, alcuni vescovi insieme o anche tutto l’episcopato di un Paese o di una parte del globo sono caduti in errore, niente autorizza il fedele ad abbracciare questo errore adducendo la scusa che non gli è lecito divergere da coloro che sono stati posti da nostro Signore a capo del suo gregge. Sarà per lui lecito, o persino doveroso, dissentire da simili insegnamenti episcopali. Questo dissenso, a seconda dei casi, potrà essere anche pubblico.
Una definizione del Concilio Vaticano I
Passando dai documenti episcopali a quelli pontifici, vedremo inizialmente che, in via di principio, anche nell'uno o nell'altro di questi vi può essere qualche errore, anche in materia di fede e di morale. Il fatto si ricava dalla definizione stessa della infallibilità pontificia data dal Concilio Vaticano I. Vi si stabiliscono le condizioni secondo le quali il Papa è infallibile. È dunque facile comprendere che, quando non vengano osservate tali condizioni, in via di principio potrà esservi errore in un documento papale. In altri termini, potremmo dire che il semplice fatto che i documenti del magistero si dividano in infallibili e in ‘non infallibili’, lascia aperta, in tesi, la possibilità di errore in qualcuno di quelli non infallibili. Questa conclusione si impone in base al principio metafisico enunciato da san Tommaso d'Aquino; «quod possibile est non esse, quandoque non est», «ciò che può non essere [infallibile], talora non è [infallibile]». Se, in via di principio, in un documento pontificio vi può essere errore per il fatto di non osservare le quattro condizioni dell’infallibilità, lo stesso si deve dire a proposito dei documenti conciliari, quando non osservino le stesse condizioni. In altri termini, quando un Concilio non intende definire con la voluntas obligandi verità di fede come divinamente rivelate, a rigore può cadere in errore. Questa conclusione deriva dalla simmetria esistente tra la infallibilità pontificia e quella della Chiesa, messa in evidenza dallo stesso Concilio Vaticano I .
Sospensione dell’assenso interno
A favore della tesi secondo cui, de jure, vi può essere errore anche in documenti pontifici e conciliari, milita pure l’argomento che teologi tra i più quotati ammettono, in casi molto specifici e straordinari, che il cattolico sospenda il suo assenso a una decisione del magistero. Di per sé, le decisioni pontificali, anche quando sono non infallibili, postulano 1'assenso sia esterno (“silenzio ossequioso”) che interno dei fedeli. Pio XII nella Humani generis ha espresso questa verità in termini incisivi: «Né si deve ritenere che gli insegnamenti delle encicliche non richiedano, per sé, il nostro assenso, col pretesto che i Pontefici non vi esercitano il potere del loro magistero supremo. Infatti questi insegnamenti sono del magistero ordinario, per cui valgono pure le parole: “Chi ascolta voi, ascolta me” (Lc. X, 16)» . Tuttavia, quando vi sia «un’opposizione precisa tra un testo di enciclica e le altre testimonianze della Tradizione apostolica», allora sarà lecito al fedele dotto e che abbia studiato accuratamente la questione, sospendere o negare il suo assenso al documento papale. La stessa dottrina si trova in teologi molto autorevoli. Ne citiamo alcuni. «Questi atti non infallibili del magistero del Romano Pontefice non obbligano a credere e non postulano una sottomissione assoluta e definitiva. Tuttavia bisogna aderire con un assenso religioso e interno a tali decisioni, dal momento che costituiscono atti del supremo magistero della Chiesa, e che si fondano su solide ragioni naturali e soprannaturali. L'obbligo di aderire ad esse può cominciare a cessare solo nel caso, che si da soltanto rarissimamente, in cui un uomo idoneo a giudicare l'argomento in questione, dopo una diligente e ripetuta analisi di tutte le ragioni, giunga alla convinzione che nella decisione si è introdotto l'errore» . «[...] Si deve assentire ai decreti delle Congregazioni Romane, finché non diventi positivamente chiaro che hanno errato. Siccome le Congregazioni, per sé, non forniscono un argomento assolutamente certo a favore di una data dottrina, si possono o perfino si devono indagare le ragioni di questa dottrina. E così, o succederà che tale dottrina sia lentamente accettata in tutta la Chiesa raggiungendo in questo modo la condizione d’infallibilità, o succederà che l'errore sia a poco a poco individuato. Infatti, siccome il citato assenso religioso non si basa su una certezza metafisica, ma solo morale, non esclude ogni timore di errore per accidens. Perciò appena sorgano sufficienti motivi di dubbio, l'assenso sarà prudentemente sospeso: ciò nonostante, finché non si presentino tali motivi di dubbio, l'autorità delle Congregazioni basta per obbligare ad assentire. Gli stessi princìpi si applicano senza difficoltà alle dichiarazioni che il Sommo Pontefice emette senza coinvolgere la sua autorità suprema e anche alle decisioni degli altri superiori ecclesiastici, che non sono infallibili» . «[...] Finché la Chiesa non insegna con autorità infallibile, la dottrina proposta non è di per sé irreformabile; perciò, se per accidens, in un’ipotesi per altro rarissima dopo un esame assai accurato, a qualcuno sembra che esistano ragioni gravissime contro la dottrina così proposta, sarà lecito senza temerarietà, sospendere l'assenso interno [...]» . «[...] Se alla mente del fedele si presentano ragioni gravi e solide, soprattutto teologiche contro decisioni del magistero autentico, sia episcopale che pontificio gli sarà lecito respingere l’errore, assentire condizionatamente, o perfino sospendere anche l'assenso [...]» . Nell'ipotesi di decisioni non infallibili «deve il suddito, eccetto il caso in cui abbia l’evidenza che la cosa comandata sia illecita, dare un assenso interno. [...] Se poi qualche dotto studioso avesse delle ragioni gravissime per sospendere l'assenso, può sospenderlo senza temerità e senza peccato [...]›› . Il consiglio dato con frequenza al fedele, in tali casi, è di «sospendere il giudizio» sull'argomento. Se questa «sospensione del giudizio» comporta un’astensione, da parte del fedele, da qualsiasi presa di posizione di fronte all'insegnamento pontificio in questione, essa rappresenta soltanto una delle posizioni lecite nell’ipotesi considerata. Di fatto, la «sospensione dell’assenso interno», di cui parlano i teologi, ha maggiore ampiezza della semplice «sospensione del giudizio» del linguaggio corrente. A seconda del caso, il diritto di «sospendere l'assenso interno›› comporterà quello di temere che vi sia errore nel documento del magistero, o quello di dubitare dell’insegnamento in esso contenuto, o anche quello di respingerlo.
Qualche teologo non ammette la sospensione dell'assenso interno
Alla tesi che stiamo sostenendo sarebbe possibile obbiettare che non tutti gli autori ammettono questa sospensione dell'assenso interno. È il caso di Choupin, Pègues e Salaverri. Tuttavia anche questi autori non negano la possibilità di errore nei documenti del magistero: «posto che la decisione non viene garantita dall’infallibilità, la possibilità di errore non è esclusa». Essi sostengono soltanto che la grande autorità religiosa del Papa, il valore scientifico dei suoi consiglieri, e tutto quanto circonda i documenti non infallibili, consigliano di non sospendere l'assenso interno, anche quando uno studioso abbia ragioni serie per ammettere che la decisione pontificia sia affetta da errore. Non è il caso di analizzare in questa sede con maggiori particolari la posizione di questi teologi. Per il momento ci basta provare, come abbiamo fatto, che anch'essi ammettono la possibilità di errore in documenti del magistero ordinario. Quanto al giudizio da emettere a proposito della loro tesi secondo cui non è mai permesso sospendere l'assenso interno, crediamo che questi autori non abbiano preso in considerazione esplicitamente l'ipotesi che si trovino uniti nello stesso caso i seguenti fattori: 1°) che le circostanze della vita concreta obblighino il fedele, in coscienza, a prendere posizione di fronte a un problema; 2°) che gli appaia evidente un’opposizione precisa tra l'insegnamento del magistero ordinario sull'argomento e le altre testimonianze della Tradizione; 3°) che la decisione infallibile, capace di mettere termine alla questione, non sia stata proferita. Nell'ipotesi, dottrinalmente ammissibile, che questi tre fattori si uniscano, ci sembra che nessun teologo condanni la sospensione dell'assenso interno ad una decisione non infallibile. Condannarla sarebbe perfino un'azione contro natura, e violenta, perché significherebbe obbligare a credere, contro l’evidenza stessa, in qualcosa che non è garantito dall’infallibilità della Chiesa.
Altri teologi negano la possibilità di errore in documenti non infallibili
Contro la tesi secondo cui vi possono essere errori in documenti del magistero ordinario pontificio o conciliare, si presenterebbe anche un'altra obbiezione: secondo alcuni autori di valore, come i cardinali Franzelin e Billot, anche i documenti non infallibili sono garantiti contro qualsiasi errore dall’assistenza dello Spirito Santo. In questo modo, la tesi che stiamo sostenendo potrebbe sembrare incerta. E ci si potrebbe chiedere se non sarebbe più consono allo spirito eminentemente gerarchico, e perfino monarchico, dell’organizzazione della Chiesa, adottare il parere di questi eminenti teologi. Non sarebbe più conforme alla condizione di figli della Chiesa ammettere che è assurdo che vi sia qualche errore anche in pronunciamenti non ex cathedra? Un’analisi esauriente di questo problema ci porterebbe molto oltre gli obiettivi del presente studio. Perciò, ci interessa soltanto mostrare che anche i cardinali Franzelin e Billot, come gli altri teologi che ne adottano la posizione, in ultima analisi ammettono la possibilità di errore in documenti infallibili. Essi partono dal presupposto che i documenti della Santa Sede o insegnano una dottrina infallibile, oppure dichiarano che una determinata sentenza è sicura o non è sicura: «In queste dichiarazioni, benché la verità. della dottrina non sia infallibile - ammesso per ipotesi che non vi sia intenzione di definire l’argomento - vi è tuttavia sicurezza infallibile, in quanto per tutti è sicuro abbracciarla, e non è sicuro respingerla, e questo non può essere fatto senza violare la sottomissione dovuta al magistero costituito da Dio». Così, dunque, questi autori sostengono che nei pronunciamenti non infallibili il magistero non si compromette con l’affermazione della verità della dottrina che propone, ma sostiene soltanto che questa dottrina non presenta pericolo per la fede, nelle circostanze del momento. Questi teologi riconoscono chiaramente che l’insegnamento contenuto in questi documenti può essere falso: «La dottrina a favore della quale esiste una solida possibilità che non si opponga alla regola di fede, sarà forse teologicamente falsa sul terreno speculativo, cioè, se presa sin rapporto alla norma di fede, oggettivamente considerata». Diventa evidente che, pertanto, anche questi autori ammettono la possibilità di errore per quanto riguarda la dottrina contenuta in documenti del supremo magistero ordinario. Che pensare della teoria secondo cui i pronunciamenti non infallibili mirano soltanto a dichiarare che una dottrina è sicura o non è sicura? Questa teoria non sembra concordare con i termini della maggior parte dei documenti della Santa Sede. In alcuni, chiaramente si tratta soltanto della sicurezza o del pericolo di una certa dottrina. Ma in molti altri - nelle encicliche; per esempio - è manifesto il proposito di presentare insegnamenti come certi, e non solo come sicuri. Inoltre, gli autori in generale hanno abbandonato questa teoria. Tuttavia, ora non dobbiamo analizzare dettagliatamente la citata posizione dei cardinali Franzelin e Billot. Vogliamo solo sottolineare che, anche secondo loro, in via di principio non si può escludere la possibilità di errore dottrinale in documenti pontifici e conciliari.
Conclusione
Da tutto quanto esposto si deduce che, in via di principio, non ripugna 1'esistenza di errori in documenti non infallibili del magistero, anche del magistero pontificio e conciliare. Indubbiamente tali errori non possono essere durevolmente proposti nella Santa Chiesa, al punto da mettere le anime nel dilemma di accettare l’insegnamento falso oppure di rompere con la Chiesa. Tuttavia è possibile, in via di principio, che per qualche tempo, soprattutto in periodi di crisi e di grandi eresie, si trovi qualche errore in documenti del magistero. Come è evidente, facciamo queste osservazioni senza alcun obbiettivo demolitore. Non miriamo a fondare le «contestazioni» ereticali con cui i progressisti cercano, in ogni momento, di scuotere il principio di autorità nella Chiesa. Quello a cui di fatto miriamo, mettendo in risalto la possibilità di errore in documenti non infallibili, è aiutare a illuminare i problemi di coscienza e gli studi di molti antiprogressisti che; per il fatto di ignorare tale possibilità, si trovano spesso in condizione di perplessità per quanto riguarda il Concilio Vaticano II e le riforme da esso scaturite.
Arnaldo Vidigal Xavier Da Silveira
«Catolicismo» n° 223, luglio 1969, San Paolo del Brasile.
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Ecco, proprio di questi documenti c'è bisogno in questi tempi! Non di piagnistei continui sul perchè e per come interpretare ogni parola del Papa. Quando parla un papa deve essere chiaro per tutti senza fraintendimenti: se non risulta chiaro e bisogna interpretare ogni volta e scandagliare quanto disse il giorno prima e quanto il giorno dopo, di sicuro non c'è più nè autorità nè certezza, quindi è necessario pregare e frasi condurre dallo Spirito, seguendo comunque gli insegnamenti tradizionali che sono la strada maestra.Gli altri seguano pure chi vogliono o i moti ondosi vaticani o le sette che prosperano, ma non vengano ad additarci di non essere fedeli alla Chiesa solo perchè ne vediamo la devastazione e la additiamo a chi vuol vedere..
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