Cattolico caldeo: la tragedia dei cristiani in Iraq non interessa nessuno
di Nirmala Carvalho
Sotto Saddam Hussein i cristiani in Iraq erano circa un milione: oggi, più della metà di loro è fuggita e vive come profughi in altri Paesi, in particolare Siria e Giordania. Chi è rimasto si sente tradito e abbandonato dal governo e dalla comunità internazionale. Con un solo desiderio: poter vivere e pregare in pace.
Di seguito è riportata la sua testimonianza.
Appartengo alla Chiesa cattolica caldea, che costituisce la maggioranza dei cristiani in Iraq. Altre, cattoliche e ortodosse, includono cristiani assiri, siriaci, armeni e bizantini. Sotto Saddam Hussein i cristiani erano circa un milione, ma adesso solo la metà è rimasta nel Paese, gli altri sono fuggiti e vivono come profughi, specie in Siria e in Giordania.
L’atrocità commessa dai fanatici musulmani che ha prodotto decine di morti tra i siriaci cattolici e decine di feriti è stato un duro colpo per l’indifesa minoranza cristiana che lotta. È stata seguita da altri omicidi di cristiani nelle loro case e negozi. Tutti questi fanatici (conosciuti con vari nomi) in Medio Oriente e in altri Paesi a maggioranza musulmana, sono intenzionati a imporre la Shari’a e fondare Stati islamici dove non ci sia posto per i cristiani.
I cristiani in Medio Oriente, ovviamente, precedono i musulmani di centinaia di anni, e risalgono ai tempi apostolici. Dalla conquista islamica nel VII secolo, i cristiani sono ridotti a cittadini di seconda classe, privati quasi di ogni diritto. Essi hanno subito molte ondate di persecuzione che hanno ridotto di gran lunga il loro numero e la loro influenza. Tutti i giorni soffrono pregiudizi e discriminazioni, mentre le minoranze musulmane qui in Occidente godono pieni diritti e costruiscono centinaia di moschee.
I cristiani d’Iraq non hanno niente a che fare con l’invasione americana, ma sono sempre erroneamente accusati di schierarsi con l’Occidente “cristiano”. Adesso si sentono isolati e traditi sia dal loro governo che dalla comunità internazionale. Sono sempre stati cittadini-modello, servendo il loro Paese in ogni campo, e il loro unico desiderio è di essere lasciati in pace a vivere e pregare. Ma sono diventati un facile bersaglio per gli estremisti.
Ora c’è un pericolo reale che i cristiani in Medio Oriente, e in Iraq in particolare, siano sterminati, per la persecuzione e per l’emigrazione su larga scala, a meno che con urgenza non si faccia qualcosa per arrestare l’ondata e salvarli. Troppi di loro non possono sopportare più a lungo la sofferenza e sono stanchi di aspettare che qualcuno venga ad aiutarli. Del resto la gente o non sa o non se ne preoccupa. Anche il recente sinodo delle Chiese in Medio Oriente convocato dal Papa è stato una delusione, per mancanza sia di unità e che di coraggio. È tempo che le Nazioni Unite affrontino seriamente questo enorme problema, altrimenti finiremo con la catastrofe di un Iraq e persino di un Medio Oriente privi di cristiani.
Nell’ottobre 2007, 138 leader musulmani hanno pubblicato “Una parola comune tra noi e voi”, un sostanziale invito ai cristiani al dialogo, sulla base dei comandamenti dell’amore di Dio e amore verso il prossimo, trovati sia nella Bibbia che nel Corano.
Il problema è che nulla del genere esiste nel Corano.
Mentre l’amore è centrale nel cristianesimo, è molto difficile trovarlo nell’islam. I pochi versi coranici che parlano d’amore hanno un significato del tutto diverso dal Nuovo Testamento. Nel Corano, l’amore di Allah è subordinato all’obbedienza cieca dell’uomo alle sue leggi. Così al verso 4:107 leggiamo, per esempio: “Allah non ama l’empio e il colpevole”. L’amore nel Corano è solo un attributo piuttosto che una parte della vera essenza di Dio (“Dio è amore”: 1 Gv 4,8). Il concetto di amore per il prossimo non esiste. C’è solo l’amore per i compagni musulmani; per esempio viene loro detto nel 5:59 “Non prendere ebrei e cristiani come amici”, e nel 9:29: “Combattete coloro che non credono in Allah o nel suo messaggero, anche se sono il Popolo del Libro [cristiani ed ebrei], finché non saranno sottomessi”
Iraq: quando Caifa utilizza Maometto per crocifiggere la Chiesa
Il cattolicesimo in Iraq, dopo una storia bimillenaria, sta scomparendo. Sotto il regime di Saddam i cristiani erano tutelati e rispettati. Con l’occupazione anglo-americana, fortemente incoraggiata da Israele, le comunità cristiane sono vittime di attacchi terroristici che si fanno sempre più frequenti. La conseguenza è l’esodo dei sopravvissuti e la cancellazione della presenza cristiana dall’Iraq.
In Italia la guerra anglo-americana è stata sostenuta e incoraggiata dall’ala conservatrice del modernismo, che ora scarica la responsabilità della situazione sui gruppi islamici (cioè sulla manovalanza di chi trama nell’ombra).
La verità è che l’Occidente apostata, così sensibile alle direttive israeliane, è responsabile della fine del cattolicesimo in Iraq, che si sta realizzando nell’indifferenza generale dell’opinione pubblica.
Ai fratelli cattolici iracheni, vittime di Caifa, di Giuda e di Maometto, vanno le nostre preghiere e la nostra amicizia. A tutti loro dedichiamo le note di una versione caldea dell’Ave Maria di Gounod: http://www.youtube.com/watch?
Chi siamo, noi cristiani dell’Iraq?, di padre Albert Hisham Naoum
ROMA - I martiri della chiesa di Nostra Madre “Signora del Perpetuo Soccorso” hanno mostrato al mondo, ancora una volta, chi siamo noi, cristiani dell’Iraq, e si sono uniti ai martiri della nostra Chiesa, coloro che hanno sacrificato la loro vita, per offrirla a Cristo, nostro Signore, che ci ha insegnato a testimoniare per la risurrezione, per la vita, per il perdono, per la speranza, per l’amore, per la fede, per la gioia. Il sangue dei nostri eroi caduti, grida al mondo e a tutta l’umanita, e spinge noi cristiani dell’Iraq, ovunque siamo, a “predicare” al mondo il Cristo sofferente e risorto che vive nella nostra terra ferita.
Sì, dico “predicare” perché la nostra fede “è una buona novella”, lo era e così sarà per sempre. Chi ha orecchi per udire, che ci senta adesso, e che conosca il Cristo vissuto dai cristiani dell’Iraq. E’ una testimonianza che viviamo e che continueremo a vivere. E se vi è qualcuno che non sente la sua importanza nella vita, ci limitiamo a dire, a lui e al mondo intero, che per noi è la “vita” intera. Quello che il mondo chiama “il niente”, per noi e’ “il tutto”!
I cristiani dell'Iraq ben conoscono il Cristo risorto cha ha vinto la morte, non perché sono fedeli battezzati, ma piuttosto perché, con Lui, hanno sperimentato parecchie volte la morte sulla croce, e perché come Lui hanno bevuto l’amaro calice e hanno vissuto l’abbandono degli altri. E fianco a fianco con Lui hanno percorso la via della sua croce, e sono caduti sotto il peso della loro croce, una volta nell’attacco alle loro chiese, e un’ altra con la morte, e un'altra ancora col massacro di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, e nonostante ciò, continuano ad alzarsi e a vivere la loro fede come hanno sempre fatto lungo la storia, camminando lungo la via della sofferenza.
Per i cristiani dell’Iraq, il 31 ottobre non è stata la prima volta che hanno sofferto, e nessun essere umano, e specialmente coloro che pretendono di volere la pace ma in realtà non la vogliono, può pretendere che questa sarà l’ultima volta. Ma loro non ci interessano, perché la nostra speranza non è mai stata e mai lo sarà in loro, ma in Colui che ha portato la sua croce e ha camminato sulla via della morte per garantirci che la vita alla fine continuerà e vincerà.
I cristiani dell’Iraq hanno sperimentato in maniera profonda il senso della vita perché ne hanno vissuto le gioie dopo averne gustato l’amaro delle tristezze; ne hanno vissuto la speranza dopo aver sperimentato la potenza della tragedia; ne hanno vissuto il riso dopo aver versato le lacrime; e ne hanno vissuto il sorriso dopo aver visto la volontà rotta dalla violenza. Questi sono realmente i cristiani dell’Iraq con il loro cuore buono, che ama tutti e la patria e la vita; questi sono coloro che perdonano i loro nemici e seminano il bene ovunque si trovino, e diffondono lo spirito della pace che sa del loro profumo. E nonostante le loro tante sofferenze, non hanno mai dimenticato di vivere il loro spirito cristiano in ogni luogo.
Volete un esempio di tutto questo?! Bene, ve lo mostra la chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, che vi parlerà a nome di tutti i cristiani dell’Iraq e vi darà esempi scritti col sangue dei suoi martiri. Avete sentito in che modo sono morti in questo massacro i due preti coraggiosi, Wasim Sabieh e Thaier Saad Abdal?! Sapevate che hanno difeso i fedeli e hanno cercato di salvarli offrendo la loro vita non appena i criminali hanno messo piede in chiesa?! Lo sapevate che un padre ha protetto il suo figlioletto coprendolo totalmente con il corpo mentre erano sdraiati a terra, ed è morto con una raffica di proiettili per far sopravvivere il figlio?! Avete sentito che gli assassini hanno ucciso una bimba di 4 mesi e una giovane che nel giorno della sua morte aveva ricevuto la notizia più bella, e cioè che era incinta, e per questo era andata in chiesa per ringraziare il Signore per questo dono?!
O popoli del mondo, questi sono i cristiani dell’Iraq. Udite e testimoniate a tutti!
E voi cristiani dell’Iraq, se la tristezza riempe le vostre anime e non vedete il futuro, guardate lassù, al Dio dei Cieli e della Terra, e ricordatevi bene di chi siete e fatelo sapere al mondo! Cristo non lascerà soli noi che siamo il suo “piccolo gregge” e ci vorrà sempre con Lui, a vivere la nostra fede e il nostro amore per tutti come abbiamo sempre fatto, perché ci dice “da questo tutti sapranno che siete miei discepoli” (Giovanni 13: 35).
Testimoniamo con la nostra vita, affinché le coscienze vedano quanto ci sta accadendo, e affinché sentano coloro che hanno tappato gli orecchi e parlino coloro che hanno serrato le labbra. Noi siamo i cristiani dell’Iraq!
(Agenzia Zenit del 9 novembre 2010)
Nuovi attacchi ai cristiani a una settimana dalla strage di Baghdad
Baghdad (AsiaNews) – Nuovo attentato ai cristiani d’Iraq, una settimana dopo la strage nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad. Due fedeli sono stati uccisi ieri, 7 novembrea Baghdad: Louay Daniel Yacoub, 49 anni, era davanti all’ingresso del suo appartamento quando sconosciuti lo hanno freddato a colpi d’arma da fuoco. Un altro cristiano è stato ucciso lo stesso giorno, ma di lui non si conosce ancora l’identità. Lo riferiscono fonti locali di AsiaNews, anonime per motivi di sicurezza.(…) I cristiani di Baghdad hanno assistito ieri alla prima messa celebrata nella cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso dopo il massacro del 31 ottobre. All'interno nessun banco, nessuna sedia: lungo la navata centinaia di candele sono state posate a terra, formando una grande croce in mezzo alla quale erano stati posti i nomi dei 46 fedeli vittime del massacro di domenica scorsa. ''Oggi noi preghiamo per coloro che ci hanno aggredito, che hanno attaccato la nostra chiesa e ucciso i padri Thaher e Wassim'', ha detto nell'omelia padre Mukhlas Habbash, citando i nomi dei due preti di 32 e 27 anni uccisi sette giorni fa. I loro volti sorridenti sono presenti nei poster affissi ai muri della cattedrale, anneriti e crivellati di pallottole.
(AsiaNews dell’8 novembre 2010)
Tre cristiani uccisi e 26 feriti
Baghdad (AsiaNews) – Tre morti e 26 feriti è il bilancio provvisorio di una serie di attentati contro case di cristiani avvenuti stamane in diversi quartieri di Baghdad. Fra le 6 e le 8 di stamane due colpi di mortaio e decine di bombe artigianali sono scoppiati davanti alle abitazioni dei fedeli. Ieri sera nella capitale altre tre case di cristiani sono state colpite da bombe, senza provocare alcuna vittima. Nonostante ciò il premier al Maliki esorta i cristiani a non abbandonare il Paese. I nuovi attentati seguono di 10 giorni la strage avvenuta il 31 ottobre nella chiesa siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso e dopo le minacce di Al Qaeda di eliminare i cristiani dal Medio oriente. Nell’assalto alla parrocchia sono morti 44 fedeli, due preti e sette guardie della sicurezza. Circa 90 persone sono rimaste ferite. Di queste, una prima parte (37, a cui seguiranno i rimanenti) è arrivata in Francia lo scorso 8 novembre per sottoporsi a cure offerte dal Paese europeo. Parigi è stata l’unica a proporre una simile iniziativa. (…) Prima dell’invasione americana nel 2003, la comunità cristiana in Iraq contava quasi un milione di fedeli; ora sono scesi sotto i 500mila.
(AsiaNews del 10 novembre 2010)
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