I frutti del carisma del Cammino neocatecumenale sono tangibili nelle vocazioni, molte, che fioriscono ogni anno: domenica sera (31 ottobre) sono sette i seminaristi del Redemptoris Mater che sono stati ordinati diaconi dal cardinale vicario Agostino Vallini. I giovani, che hanno dai 30 ai 37 anni, si sono formati presso il seminario neocatecumenale di Roma e presso quello di Goma, nella regione del Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo. Per tutti, dopo gli anni di studio, un periodo di vita come itineranti: un’esperienza di almeno un anno di evangelizzazione in missione, a sostegno di un sacerdote, di laiche consacrate o di famiglie.
«I seminari Redemptoris Mater nascono a supporto della missio ad gentes, voluta da Giovanni Paolo II - spiega monsignor Claudiano Strazzari, rettore del seminario - e in questo contesto la formazione dei seminaristi lascia ampio spazio anche all’educazione missionaria». I luoghi di missione sono i più diversi, «da luoghi lontani, ancora pagani - sottolinea don Claudiano - a luoghi scristianizzati, come in Europa centrale e orientale».
Per i seminaristi questa è un’occasione seria e importante di incontrarsi e scontrarsi con la povertà e con la Provvidenza di Dio. A raccontarlo è Jacob, uno dei sette nuovi diaconi, che si è formato al Redemptoris Mater di Goma e che è andato come itinerante nel Sud del Congo: «È stata un’esperienza molto forte - racconta il seminarista madrileno - sono stato in Katanga, una regione molto povera con una famiglia in missione, abbiamo evangelizzato e vissuto giorno dopo giorno sperimentando una grandissima povertà e precarietà. All’inizio questa condizione, che si vive anche a Goma, mi spaventava: troppe differenze, dal colore di pelle, di cultura, di razza. Tanta povertà e questo essere guardato continuamente come "bianco". Pensavo di non farcela e avevo davvero paura. Ma in questa dimensione - ricorda Jacob - ho incontrato il Signore, molto da vicino. Sono ancora lì perché è lì che Dio mi è apparso come segno vivente». Accettare questa sfida per il seminarista spagnolo è stato aprirsi a una vita diversa e piena: «Studiare in Congo mi ha anche aiutato a riconciliarmi con la mia famiglia e con la mia storia: ero molto irrequieto quando sono entrato in seminario a 20 anni; ora, a quasi 30, sono grato a Dio di tutti i doni che mi ha fatto».
Non tutti i sacerdoti formati nei Redemptoris Mater partiranno per la missione: «Sarà il cardinale Vallini a scegliere la loro destinazione chiaramente - sottolinea don Claudiano - quasi tutti vivono infatti la loro prima esperienza di presbiterio incardinati nelle parrocchie romane. Nella Capitale, per coloro che sono già diventati sacerdoti, il Redemptoris Mater continua a offrire, accanto alla formazione permanente della diocesi, anche una formazione per coloro che hanno studiato e vissuto con noi da seminaristi». Un modo per condividere, respirare e rafforzare il proprio carisma, «quello suscitato dallo Spirito Santo - ricorda il rettore del seminario - nella Chiesa attraverso il Cammino neocatecumenale, un percorso di riscoperta del proprio battesimo che porta alla nascita e al fiorire di tante vocazioni» e che confluiscono nei vari seminari neocatecumenali, 78 in tutto il mondo.
L’esperienza di Paolo, romano di Tor Sapienza, è diversa: «Mi sono laureato in statistica - racconta il seminarista, oggi quasi 37enne - e ho iniziato a lavorare, con una carriera promettente per la quale mi spendevo tanto. Poi ho sperimentato la misericordia di Dio, il Signore ha lavorato dentro di me lentamente. Un giorno, mentre mi trovavo a Milano per lavoro ho iniziato a leggere "Le Confessioni" di Sant’Agostino, e ho cominciato a pensare a una vita diversa». Il percorso, lungo otto anni, non è stato facile: «Ogni anno scegliere di continuare il seminario è stato un combattimento - spiega Paolo - pian piano diversi amici sono usciti, si sono sposati e hanno avuto figli, io rimanevo, mi sembrava che non fosse la strada per me ma sentivo che il Signore mi chiamava a restare, giorno dopo giorno». Per Paolo, itinerante in Costa Rica e in Israele, la cosa più bella di questo percorso di formazione che si sta per concludere è un’opportunità unica da poter cogliere: «Quella di portare Gesù Cristo agli altri, e questo è possibile - conclude - grazie alla sua misericordia per me. Sono contentissimo perché avevo in mente un progetto di vita tutto diverso, il Signore ha stravolto completamente questi piani e ora sono davvero felice».
2 novembre 2010
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