L’AUTORITÀ DOTTRINALE DEI DOCUMENTI PONTIFICI E CONCILIARI
| |
Proponiamo ai nostri lettori tre articoli scritti dal teologo brasiliano, Arnaldo Vidigal Xavier Da Silveira, stretto collaboratore di Sua Eccellenza mons. Antonio de Castro Mayer Vescovo di Campos e Direttore della rivista teologica mensile “Catolicismo” di San Paolo del Brasile nella quale sono apparsi. Essi aiuteranno il lettore a risolvere, nella misura di quel che è possibile alla umana capacità, i problemi di coscienza posti dal Vaticano II e dalle riforme scaturite da esso al cattolico fedele alla verità e all’autorità. Il Da Silveira è anche l’autore assieme a mons. De Castro Mayer di numerosi saggi teologici sul Novus Ordo Missae di Paolo VI (apparsi su “Catolicismo” tra il 1970-1971), che furono pubblicati in francese in un libro divenuto celeberrimo sotto il titolo “La Nouvelle Messe de Paul VI: qu’en penser?”, Chiré, 1975. L’AUTORITÀ DOTTRINALE DEI DOCUMENTI PONTIFICI E CONCILIARI «Pio XII nella Humani generis insegna: “Né si deve ritenere che gli insegnamenti delle encicliche non richiedano, per sé, il nostro assenso, col pretesto che i Pontefici non vi esercitano il potere del loro magistero supremo. Infatti questi insegnamenti sono del magistero ordinario, per cui valgono pure le parole: ‘Chi ascolta voi, ascolta me’ (Lc. X, 16)”. Come si vede, Pio XII dice: ‘per sé’, perché in realtà, ‘per accidens’ , in casi evidentemente non normali, si possono presentare situazioni in cui sia lecito sospendere l'assenso rispetto a un documento del magistero» (A. X. Vidigal Da Silveira). * Introduzione «Tu sei Pietro, e su questa Pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa» . «Ed ecco che io sono con voi per tutti i giorni fino alla fine del mondo» . «Io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, una volta convertito, confermi i tuoi fratelli» . Sono numerosi i passi scritturali in cui il Gesù insegna la indefettibilità della Cattedra di Verità, personificata dal Papa e dai suoi successori. Per questo i Santi affermano che il Papa è il «dolce Cristo in terra» (Santa Caterina da Siena), «colui che dà la verità a quelli che la chiedono» (san Pietro Crisologo), colui che, parlando, mette fine alle questioni relative alla fede (sant'Agostino). L'infallibilità dei Sommi Pontefici e della Chiesa è garanzia della Tradizione e di tutto quanto è contenuto nella Rivelazione. Se non vi fosse questa garanzia, la malizia e la debolezza degli uomini avrebbero sùbito deturpato e corrotto il Deposito rivelato, con lo stesso odio e con lo stesso impeto satanico con cui hanno ucciso il Figlio stesso di Dio. Estensione dell’infallibilità papale Nello spirito di molti cattolici di istruzione religiosa media è radicata 1'idea che il Sommo Pontefice è infallibile in tutto quanto insegna. In altri troviamo la nozione ugualmente errata secondo cui vi è infallibilità soltanto nelle definizioni solenni quanto al modo, come quella dell'Assunzione in Cielo della Beata Vergine Maria. Altri ancora si chiedono se un Concilio ecumenico sia sempre infallibile, se il Papa possa eccezionalmente errare, se è obbligatorio credere a tutto quello che hanno insegnato i Papi nel corso dei secoli, a tutti i documenti dottrinali delle Congregazioni romane, a tutto quello che insegnano i vescovi, o almeno il proprio vescovo, e che differenza esista tra la infallibilità del Papa e quella della Chiesa. Se sia lecito trattare questo argomento Un cattolico devoto al Papato, e quindi con particolare zelo per il carattere monarchico della Chiesa, potrebbe chiederci preliminarmente se sia lecito trattare simili argomenti, e se non sarebbe indice di maggiore pietà accettare come infallibile tutto quanto insegnano sia i Papi che i vescovi. Gli risponderemmo che i fedeli non devono prendere in considerazione la Chiesa diversa da come l'ha fatta nostro Signore. Se su un punto tanto fondamentale della dottrina cattolica aleggiano dubbi tra i fedeli è compito anche di pubblicazioni teologiche cattoliche contribuire a chiarirli, perché la dottrina della Chiesa non è esoterica. Inoltre, siamo portati ad affrontare questo argomento per il fatto che oggi i progressisti cercano in mille modi di sminuire le prerogative del Pontificato romano e predicano la ribellione contro il secolare insegnamento del Magistero. Magistero papale e universale, ordinario e straordinario Prima di affrontare il problema dell’infallibilità, bisogna fissare alcune distinzioni fondamentali. Il magistero ecclesiastico deve essere preventivamente diviso in pontificio e universale.
Magistero pontificio è quello del Papa, Capo supremo della Chiesa. Magistero universale è quello di tutti i vescovi uniti al Sommo Pontefice. Nel magistero pontificio il successore di San Pietro parla individualmente e per autorità propria. Per esempio, attraverso encicliche, costituzioni apostoliche, allocuzioni dirette a pellegrini. Nel magistero universale, in unione con il Sommo Pontefice, parla l'insieme dei vescovi, sia riuniti in Concilio (magistero straordinario universale) che dispersi nel mondo (magistero ordinario universale). È assolutamente necessario cautelarsi contro una concezione errata del magistero universale, secondo cui i vescovi potrebbero insegnare indipendentemente dal Papa. Niente di più falso. Tenendo presente il carattere monarchico della Chiesa, l'insegnamento dei vescovi, sia quando sono riuniti in Concilio, sia quando sono dispersi nel mondo, non avrebbe nessuna autorità se non fosse approvato, almeno implicitamente, dal Papa (cum Petro et sub Petro). Il magistero universale trae tutta la sua autorità dall'unione almeno di pensiero se non di luogo con il Sommo Pontefice. Il carattere monarchico della Chiesa è di diritto divino, ed è stato oggetto di numerose definizioni del magistero. Mons. Antonio de Castro Mayer, vescovo di Campos, trattando del magistero di ciascun vescovo nella sua diocesi, insegna che «essendo infallibile il magistero pontificio, e fallibile, anche se ufficiale, quello dei singoli vescovi, è possibile, per la fragilità umana, che uno o altro vescovo cadano in errore; e la storia registra alcune di tali eventualità» . Altra distinzione basilare, che è necessario stabilire, e quella tra magistero ordinario e straordinario. Nel magistero straordinario quanto alla sostanza ogni pronunciamento gode dell'infallibilità di per se stesso. Di questo tipo sono le definizioni dogmatiche come quelle della Immacolata Concezione, della Infallibilità pontificia, della Assunzione di Maria Santissima. Ma, come più avanti vedremo, non tutto quanto insegnano i Papi, i concili e i vescovi è di per sé infallibile. Tanto il magistero pontificio quanto quello universale possono essere ordinari o straordinari. Nella Santa Chiesa abbiamo quindi quattro modalità diverse di insegnamento. Cercando di farsi un'idea del magistero universale straordinario, è necessario non confondere il senso che abbiamo appena attribuito al termine «straordinario quanto alla sostanza insegnata» con l'altro senso, che la parola comporta, di «cosa fuori dal comune quanto al modo di insegnamento», che si sottrae alla routine di tutti i giorni. Infatti, ogni Concilio è straordinario quanto al modo nel senso che non è permanentemente o abitualmente riunito; ma il suo insegnamento è straordinario quanto alla sostanza soltanto se definisce una verità di fede come da credersi obbligatoriamente. In questo articolo useremo il termine «straordinario quanto alla sostanza» solo nel senso di definizione dogmatica e infallibile. Tra i teologi, la parola si trova usata ora in un senso, ora in un altro, il che ci sembra fonte di non piccole confusioni. Preferiamo adottare la terminologia indicata perché, oltre a sembrarci più didattica, è stata sanzionata da Paolo VI in due discorsi relativi al Concilio Vaticano II. Ad analoga confusione si presta la parola «solenne», che talora indica il pronunciamento «di per se stesso infallibile quanto alla sostanza», talora quello che, inoltre, si circonda di formule particolarmente solenni quanto «al modo in cui sono pronunciate». Pronunciamento pontificio “ex cathedra” Analizziamo inizialmente il magistero pontificio straordinario. Dalle lezioni di catechismo, ogni cattolico ricorda che il Papa è infallibile quando parla ex cathedra, e in materia di fede e di morale. Formula vera, ma che per il suo carattere estremamente laconico può indurre in inganno, e perciò richiede alcune spiegazioni. Infatti, che cosa significa ex cathedra? Parlare dalla Cattedra di Pietro significa soltanto insegnare ufficialmente? Significa rivolgersi alla Chiesa universale? Le encicliche, per esempio, essendo documenti ufficiali, in generale diretti a tutta la Chiesa, sono ipso facto pronunciamenti ex cathedra? Nella definizione della infallibilità pontificia, nel Concilio Vaticano I, troviamo la soluzione chiave per questi dubbi. La costituzione Pastor Aeternus stabilisce le condizioni necessarie per la infallibilità delle definizioni pontificie. Insegna che il Papa è infallibile «quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo l’ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica, definisce una dottrina riguardante la fede ed i costumi, che deve tenersi da tutta la Chiesa». I teologi sono unanimi nel vedervi la soluzione del problema delle condizioni della infallibilità pontificia. Pertanto; le condizioni necessarie perché si abbia un pronunciamento del magistero pontificio straordinario sono quattro: 1°) che il Papa parli come Dottore e Pastore universale; 2°) che usi della pienezza della sua autorità apostolica; 3°) che manifesti la volontà di definire e di obbligare a credere; 4°) che tratti di fede o di morale. La infallibilità è una facoltà che risiede nella persona del Pontefice come in un essere dotato di intelligenza e di volontà. Egli userà o non userà di questo potere, a seconda che voglia o no. Nella sua vita privata, per esempio in una conversazione con amici o in una lettera ad un parente, è chiaro che il Papa non sta usando del suo potere di definire. Da questo deriva la prima condizione, e cioè che parli come Maestro universale. In più di un documento Benedetto XIV afferma che non emette una certa opinione teologica come Sommo Pontefice ma come semplice dottore privato. Lo stesso ha dichiarato San Pio X a proposito di affermazioni che il Papa fa in udienze private. Ma perché si abbia infallibilità non è sufficiente che il Papa insegni come Maestro universale. È infatti necessario che sia rispettata una seconda condizione, e cioè che parli usando la pienezza dei suoi poteri. L'importanza e la gravità di un pronunciamento infallibile sono tali che è necessario sia ben chiaro che, emettendolo, il Papa sta facendo uso della pienezza delle prerogative che gli competono come legittimo successore di San Pietro. Per questa ragione tanto Pio IX nella definizione della Immacolata Concezione quanto Pio XII in quella della Assunzione di Maria in Cielo dichiarano di parlare «per l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra». Tuttavia, anche questo non basta. Infatti, anche parlando come Maestro universale e nell'uso di tutta la sua autorità, il Papa può limitarsi a raccomandare una dottrina, o a ordinare che sia insegnata nei seminari, o a mettere in guardia i fedeli dal pericolo presente nella sua negazione. Per questa ragione vi è una terza condizione, e cioè la manifestazione della volontà di definire o obbligare a credere come divinamente rivelata. Questa volontà di definire manca, per esempio, nei documenti, che tuttavia sono tanto saggi, positivi ed energici, con i quali i Papi hanno raccomandato o anche imposto ai professori di filosofia e sacra teologia lo studio e l'insegnamento del tomismo. Tra gli altri, si possono vedere 1'enciclica Aeterni Patris di Leone XIII, il ‘motu proprio’ Doctoris angelici di san Pio X, e l'enciclica Studiorum ducem di Pio XI. L'ultima condizione è che si tratti di materia di fede e di morale. Lasciamo da parte questo punto, perché esorbiterebbe dai limiti di questo articolo lo studio degli oggetti primari e secondari della infallibilità. La “volontà di definire” Il punto cruciale del problema è nella terza condizione, e cioè che vi sia intenzione di definire ed obbligare a credere. Come si manifesta questa intenzione? Con 1'uso della parola «definiamo»? Con la scomunica di chi dica il contrario? Con la natura giuridica del documento? Nessuno di questi segni da solo è apodittico. Fondamentale è che sia chiaro, in un modo o nell’altro, che il Papa vuole definire una verità da credere obbligatoriamente in quanto divinamente rivelata. Per questa ragione, nelle definizioni solenni, i Sommi Pontefici accumulano i verbi per rendere indiscutibile la loro intenzione: «promulghiamo, decretiamo, definiamo, dichiariamo, proclamiamo», ecc. In altri casi, potranno mancare tali verbi, ma le circostanze che circondano il documento mostreranno che vi è stata volontà di definire. È quanto accade quando il Papa impone a tutta la Chiesa l'accettazione di una formula di fede. O quando risolve ufficialmente, definitivamente ed in maniera obbligatoria una disputa dottrinale sorta tra i vescovi, in un documento indirizzato, in modo almeno indiretto, alla Chiesa universale. Magistero universale straordinario Il Concilio Vaticano I non ha dichiarato in che condizioni un Concilio ecumenico è infallibile. Ma, per analogia con il magistero pontificio, si può affermare che le condizioni sono le stesse quattro. Come il Papa, il Concilio ha la facoltà di essere infallibile, ma può usarne o no, a sua volontà. Molti cattolici male informati potrebbero a questo punto obiettarci di avere sempre sentito dire che ogni Concilio ecumenico è necessariamente infallibile. Questo non è però quanto dicono i teologi. San Roberto Bellarmino spiega che solo dalle parole del Concilio si può sapere se i suoi decreti sono proposti come infallibili. E conclude che, quando le espressioni al riguardo non sono chiare, non è certo che tale dottrina sia di fede. E, se non è certo, non è da credere, perché, secondo il Codice di Diritto Canonico, «nessuna verità deve essere considerata come dichiarata o definita come da credere, a meno che questo consti in modo manifesto». Costanza di un insegnamento nel magistero ordinario Non si può definire il magistero ordinario, sia pontificio che universale, come quello costituito dagli insegnamenti che non godono della nota della infallibilità. È vero che, di per sé, cioè isolato dagli altri, un insegnamento del magistero ordinario senza la voluntas definiendi non comporta 1'infallibilità. Cosi, quando l'enciclica Ad diem illum, di san Pio X, sostiene la Corredenzione di Maria, ma non obbliga a crederla come divinamente rivelata non dice nulla che impegni l’infallibilità pontificia. Quindi, in questo caso, siamo ben lontani dalle definizioni solenni (quanto alla sostanza e al modo), come per esempio da quella della bolla Ineffabilis Deus, che ha definito l’Immacolata Concezione, e che da sola chiuderebbe la questione, anche se non vi fosse nessun altro pronunciamento pontificio in proposito. Tuttavia, il magistero ordinario può, in altro modo, comportare l’infallibilità. Così, a proposito della Corredenzione, il padre J. A. Aldama dice: «Benché il magistero ordinario del Pontefice Romano non sia di per sé infallibile, se però insegna costantemente e per un lungo periodo di tempo una certa dottrina a tutta la Chiesa, come accade nel nostro caso [quello della Corredenzione], si deve assolutamente ammettere la sua infallibilità; in caso contrario, la Chiesa indurrebbe in errore». Pertanto, secondo il padre Aldama, la Corredenzione Mariana è dottrina già oggi infallibilmente insegnata dalla Chiesa, benché non sia ancora stata oggetto di qualche pronunciamento straordinario quanto al modo, sia pontificio che universale. In questo caso ci troviamo di fronte alla infallibilità del magistero ordinario per la continuità di uno stesso insegnamento. Si tratta di un principio importantissimo, di cui generalmente si dimenticano molti cattolici che studiano la nostra fede. Il fondamento dottrinale di questo titolo di infallibilità è quello indicato dal padre Aldama: se in una lunga e ininterrotta serie di documenti ordinari su uno stesso punto i Papi e la Chiesa universale potessero ingannarsi, le porte dell'inferno avrebbero prevalso contro la Sposa di Cristo. Essa si sarebbe trasformata in maestra di errori, la cui influenza pericolosa e perfino nefasta i fedeli non avrebbero modo di sfuggire. Evidentemente il fattore tempo non e l'unico di cui si debba tenere conto. Ve ne sono numerosi altri. Secondo la classica formula di san Vincenzo di Lerino, dobbiamo credere a quanto è stato insegnato sempre, ovunque e da tutti, «quod semper, quod ubique, quod ab omnibus». Infatti l'assistenza dello Spirito Santo sarebbe manchevole se una dottrina insegnata sotto queste tre condizioni potesse essere falsa. Tuttavia è necessario non intendere l'adagio in senso esclusivo, cioè come se l’infallibilità per la continuità di uno stesso insegnamento esistesse soltanto quando si verificassero queste tre condizioni. È possibile che qualche documento pontificio o conciliare contrasti diametralmente con insegnamenti infallibili del passato? Evidentemente, se anche il nuovo pronunciamento è infallibile, questa opposizione non si può dare. Ma se non lo è, autori di vaglia - come san Roberto Bellarmino, Suarez, Cano e Soto - prendono in considerazione questa ipotesi come teologicamente possibile. Ed è chiaro che il cattolico dovrebbe allora restare fedele alla dottrina infallibile. Canonizzazione, liturgia e leggi ecclesiastiche Nello studio del magistero della Chiesa, tanto ordinario quanto straordinario, meritano speciale rilievo le canonizzazioni, la liturgia, le leggi ecclesiastiche, l’approvazione di regole di ordini e congregazioni religiose. Nella canonizzazione, il Sommo Pontefice afferma che un determinato servo di Dio si e santificato e che merita il culto della Chiesa universale; e propone la sua vita come modello per tutti i fedeli. Ora, se quell'anima si fosse dannata, la santa Chiesa proporrebbe ai suoi figli un culto falso, e un modello che li porterebbe alla perdizione eterna. E allora le porte dell'inferno avrebbero prevalso sulla roccia di Pietro. Per questo il Papa nelle canonizzazioni è infallibile secondo la dottrina più comunemente insegnata. Le dottrine implicitamente insegnate, raccomandando l’imitazione e la venerazione del nuovo santo, non sono abbracciate dalla infallibilità. Nella canonizzazione è infallibile soltanto la dichiarazione che il servo di Dio è in Cielo. In certi passi, gli autori pongono le canonizzazioni nel magistero ordinario, mentre in altri le classificano nel magistero straordinario. Evidentemente queste due posizioni non sono contraddittorie. La dichiarazione che una data persona si è salvata è infallibile di per se stessa, e quindi fa parte del magistero straordinario. E d'altra parte 1'insegnamento dottrinale implicitamente contenuto nella canonizzazione appartiene al magistero ordinario. Per la stessa ragione per cui le porte dell'inferno prevarrebbero sulla Chiesa se il Papa orientasse i fedeli verso la perdizione eterna, le leggi ecclesiastiche e in modo speciale l’approvazione delle regole religiose comportano in qualche modo la infallibilità. Se, per esempio, la Santa Sede, con un atto legislativo paragonabile a quello che sarebbe, in materia dottrinale, una definizione dogmatica solenne, obbligasse i fedeli ad una pratica peccaminosa, o approvasse una regola di vita condannabile, si sarebbe trasformata in strumento di condanna. Anche le orazioni della sacra liturgia possono comportare la infallibilità, a seconda del grado di autorità che la Chiesa ha in esse voluto impegnare. «Lex orandí, lex credendi - la legge della preghiera è la legge della fede». Come potrebbe la Chiesa, attraverso le preci che impone o raccomanda con tutto il peso della sua autorità, instillare nelle anime princìpi contrari alla fede? A somiglianza di quanto accade con gli insegnamenti direttamente dottrinali, non sono garantite dal carisma della infallibilità le leggi disciplinari e liturgiche, nella cui approvazione la Chiesa non abbia voluto impegnare la pienezza della sua autorità. Inoltre, l’infallibilità relativa ad una legge ecclesiastica o liturgica non comporta l’ammissione che sia la più perfetta possibile. I diversi titoli di infallibilità che abbiamo indicati non si devono confondere con la cosiddetta “infallibilità passiva dei fedeli”. Questa espressione, corrente nella sacra teologia, indica che i figli della Chiesa, seguendone gli insegnamenti, conosceranno certamente la vera fede. Ma non compete loro nessuna missione ufficiale di magistero, ossia la loro parte è a questo riguardo puramente passiva. Valore dei documenti non infallibili L'impegno nello studio dei diversi titoli di infallibilità non ci deve, però, portare a mettere in ombra i documenti non infallibili. Infatti, gran parte degli insegnamenti contenuti nelle encicliche, nelle allocuzioni pontificie, nelle lettere dirette dalla Santa Sede a vescovi e a congressi di tutto il mondo, nei decreti delle Sacre Congregazioni Romane, non comportano l’infallibilità. Con questo pretesto dobbiamo disprezzarli? Questo cercarono di fare i modernisti con i documenti pubblicati contro di loro da San Pio X. E già allora si trattava di un vecchio problema, perché eretici anteriori erano ricorsi alla stessa insidia con l’intento di poter rimanere all’interno della Chiesa per meglio diffondere il loro veleno. Dei numerosi documenti pontifici che insegnano quale deve essere la posizione dei fedeli di fronte ai pronunciamenti non infallibili, citiamo soltanto un passo dell’enciclica Humani generis di Pio XII: «Né si deve ritenere che gli insegnamenti delle encicliche non richiedano, per sé, il nostro assenso, col pretesto che i Pontefici non vi esercitano il potere del loro magistero supremo. Infatti questi insegnamenti sono del magistero ordinario, per cui valgono pure le parole: "Chi ascolta voi, ascolta me" (Lc. X, 16)». Come si vede, Pio XII dice: «per sé», perché in realtà, per accidens, in casi evidentemente non normali, si possono presentare situazioni in cui sia lecito sospendere l'assenso rispetto a un documento del magistero. È quanto insegnano i teologi. Nel testo che di seguito citiamo, dom Nau tratta in modo speciale delle encicliche, ma è chiaro che l’affermazione vale per qualsiasi documento del magistero ordinario: «Un solo motivo potrebbe farci sospendere il nostro assenso: una opposizione precisa tra un testo di enciclica e le altre testimonianze della Tradizione. Anche in questo caso, una tale opposizione non potrebbe essere presunta, ma esigerebbe una prova, che solo difficilmente potrebbe essere ammessa». I documenti del Concilio Vaticano II sono infallibili? A questo punto, alla mente del lettore affiorerà inevitabilmente una domanda: il Concilio Vaticano II ha usato la prerogativa della infallibilità? La risposta è semplice e categorica: no. In nessuna occasione i Padri conciliari hanno avuto la voluntas definiendi et obligandi, cioè in nessuna occasione hanno osservato la terza condizione di infallibilità sopra indicata. Già nella fase preparatoria della sacra assemblea Giovanni XXIII aveva dichiarato che essa non avrebbe definito verità da credere, ma doveva avere soltanto un carattere pastorale. Tali dichiarazioni di Giovanni XXIII non ci sembrano tuttavia sufficienti per autorizzare l’affermazione che il Concilio non ha usato del suo potere di definire. Infatti la sovranità del Papa nella Chiesa di Dio è assoluta. Niente impediva che, avendo Giovanni XXIII convocato un Concilio pastorale, lui stesso o il suo successore decidesse posteriormente di trasformarlo in un Concilio dogmatico. E, d'altra parte, in via di principio niente impedisce che un Concilio principalmente pastorale definisca anche e secondariamente un dogma, dal momento che un dogma non è qualcosa di anti-pastorale, ma solo sovra-pastorale! La prova che il Vaticano II non ha voluto definire nessun dogma è data dai suoi atti e del tenore dei suoi documenti, in nessuno dei quali si trova in modo non equivoco la manifestazione della volontà di definire. Si veda in proposito la dichiarazione del 6 marzo 1964 della Commissione Dottrinale. Questa dichiarazione ha un’enorme importanza, non solo per essere stata ripetuta posteriormente dalla stessa commissione, e applicata ufficialmente a più di uno schema, ma soprattutto perché Paolo VI l'ha indicata come norma di interpretazione di tutto il Concilio. Qualche teologo potrebbe discordare da quanto abbiamo appena affermato, se non vi fossero diversi pronunciamenti di Paolo VI che sono venuti a dirimere questa importante questione in modo definitivo e irrevocabile. Chiudendo il Concilio, egli ha dichiarato che, in esso «il magistero della Chiesa [...] non ha voluto pronunciarsi con sentenze dogmatiche straordinarie». Posteriormente, in occasioni meno solenni, ma in modo ancora più chiaro e circostanziato, Paolo VI ha riaffermato che il Concilio «ha evitato di pronunciare in modo straordinario dogmi dotati della nota di infallibilità», ma «ha [...] munito i suoi insegnamenti dell'autorità del supremo magistero ordinario»; e che ha avuto come uno dei suoi punti programmatici «quello [...] di non dare nuove solenni definizioni dogmatiche». Un Concilio ha solo l'autorità che il Papa gli vuole attribuire. Orbene, questi pronunciamenti pontifici, posteriori alla promulgazione dei documenti conciliari, mettono fine a tutti i dubbi che potessero sussistere. Il documento del Concilio Vaticano II sulla Chiesa si intitola «costituzione dogmatica Lumen gentium». Se ne può dedurre che in esso vi sia qualche definizione dogmatica? La domanda può parere superflua, ma la poniamo per mettere in guardia il lettore contro questo errore, in cui alcuni sono incorsi. Sappiamo anche di un professore di teologia che vi è caduto, affermando che il titolo di «costituzione dogmatica» è sufficiente per provare che tutto quanto è contenuto nella Lumen gentium è dogma. Evidentemente l'aggettivo «dogmatica» significa soltanto, nel caso, che si tratta di materia che ha rapporto con il dogma. Nello stesso senso, non è dogma tutto quello che si legge in un manuale di teologia dogmatica. Come la pastorale ha rapporto col dogma ma non è dogma. Non cerchiamo, quindi, di dare al Vaticano II un assenso che esso stesso non ci ha chiesto. Arnaldo Vidigal Xavier Da Silveira «Catolicismo» n° 202, ottobre 1967, San Paolo del Brasile. Mons. Antonio De Castro Mayer, Problemi dell’apostolato moderno, trad. it., Edizioni dell'Albero, Torino, 1963, p. 114. Cfr. Ioachim Salaverri, De Ecclesia Christi, in Sacrae Theologiae Summa, BAC, Madrid, 1958, vol. I, pp. 68l-682; Paul Nau, El magisterio pontificio ordinario, lugar teologico, in Verbo, Madrid, n. 14, pp. 37-38; Sisto Cartechini, Dall'Opinione al Domma, La Civiltà Cattolica, Roma, 1953, p. 42. Cfr. Paolo VI, Discorso del 7-12-1965, in Insegnamenti di Paolo VI, vol. III, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma, 1966, p. 822; Id., Discorso del 12-1-1966, in Insegnamenti di Paolo VI, cit., vol. IV, Roma, 1967, p. 700. Cfr. Charles Journet, L’Eglise du Verbe Incarné, Desclée, Friburgo, 1962, vol. I, p. 534, n. 2; Paul Nau, Une source doctrinale: les encycliques, Les Editions du Cèdre, Parigi, 1952, p. 65. Cfr. Franciscijs Diekamp, Theologiae Dogmaticae Manuale, Desclée, Parigi-Tours-Roma, 1933, vol. I, p. 71; Luduvicus Billot, Tractatus de Ecclesia Christi, Giachetti, Prato, 1909, tomo I, pp. 639 ss.; Lucien Choupin, Valeur des décisions doctrianales et dísciplinaires du Saint-Siège, Beauchesne, Parigi, 1928, p. 6; J. M. Hervé, Manuale Theologiae Dogmaticae, Berche, Parigi, 1952, vol. I, pp. 473 ss.; Charles Journet, op. cit., vol. I, p. 569; Paul Nau, El magisterio pontificio ordinario, lugar teologico, cit., p. 43; Ioachim Salaverri., op. cit., p. 697; Sisto Cartechini., op. cit., p. 40. Cfr. Ludovicus Billot, op. cit., pp. 392 ss.; Lucien Choupin, op. cit., pp. 38 ss.; J. M. Hervé, op. cit., pp, 496 ss.; Ioachim Salaverri, op. cit., pp. 729 ss. Cfr. San Roberto Bellarmino, De Conciliis, 2, 12, in Opera omnia, Natale Battezzati, Milano, 1858, vol. II. Codex Iurís Canonici (1917), can. 1323, 2. Nello stesso senso, cfr. Sisto Cartechini, op. cit., p. 26. Cfr. Paul Nau, Une source doctrinale: les encycliques, cit., pp. 68 ss.; Id., El magisterio pontificio ordinario lugar teologico, cit pp. 47 ss Cfr. Paul Nau, El Magisterio pontificio ordinario lugar teologico, cit., p. 45; Sisto Cartechini, op. cit., p. 251. Pio XII, Humani generis, 12-8-1950, in La Chiesa, “Insegnamenti pontifici” a cura dei monaci di Solesmes, trad. it., Edizioni Paoline, Roma, 1961, p. 248. Cfr. Paolo VI, Discorso del 12-l-1966, in Insegnamenti di Paolo VI, cit., vol VI, Roma, 1967, p. 700 | |
Link a questa pagina: |
mercoledì 17 novembre 2010
Arnaldo Vidigal Xavier Da Silveira da “Catolicismo”, San Paolo del Brasile, 1969 PARTE PRIMA (ottobre 1969) L’AUTORITÀ DOTTRINALE DEI DOCUMENTI PONTIFICI E CONCILIARI a cura di don CURZIO NITOGLIA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.