Il Giuramento Antimodernista e la difesa della Dottrina |
Ormai dimenticato, il Giuramento Antimodernista cfr. Acta Apostolicæ Sedis, 1910, pp. 669-672 voluto da Papa San Pio X, rappresenta un ottimo spunto meditativo, riflessivo e di affiliazione per tutti coloro che intendono intraprendere un cammino di fede cattolica, nel rispetto della Parola e dell'ortodossia. Il Giuramento Antimodernista fu introdotto da Papa Pio X inizialmente col nome di giuramento della fede il 1 ottobre 1910 in risposta al modernismo teologico che già da alcuni decenni cominciava a prendere piede all'interno della Chiesa cattolica. Tale giuramento, redatto in lingua latina, fu imposto a tutti i membri del clero con compiti di ministero, magistero o di giurisdizione ecclesiastica e a quanti aspiravano a diventar parte del clero. Il giuramento obbligava i modernisti, come spiega Civiltà Cattolica, a riconoscere l'errore e convertirsi, o almeno, di gettare la maschera e scoprirsi {...} riconducendoli ad una sincera ... ... adesione e ad una professione schietta delle dottrine della fede. Lo stesso giuramento era obbligatorio per tutti coloro che ricevevano gradi accademici nelle università pontificie e persino nelle università che rilasciavano titoli di studio riconosciuti dallo stato, come l'Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel 1966, tuttavia, durante il Concilio Vaticano II il Papa Paolo VI mitigò la formula del Giuramento e, in determinati ambiti, lo sostituì con la professione del "Credo Apostolico". Io (Nome) fermamente accetto e credo in tutte e in ciascuna delle verità definite, affermate e dichiarate dal magistero infallibile della Chiesa, soprattutto quei principi dottrinali che contraddicono direttamente gli errori del tempo presente. Primo: credo che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza e può anche essere dimostrato con i lumi della ragione naturale nelle opere da lui compiute (cf Rm 1,20), cioè nelle creature visibili, come causa dai suoi effetti. Secondo: ammetto e riconosco le prove esteriori della rivelazione, cioè gli interventi divini, e soprattutto i miracoli e le profezie, come segni certissimi dell'origine soprannaturale della religione cristiana, e li ritengo perfettamente adatti a tutti gli uomini di tutti i tempi, compreso quello in cui viviamo. Terzo: con la stessa fede incrollabile credo che la Chiesa, custode e maestra del verbo rivelato, è stata istituita immediatamente e direttamente da Cristo stesso vero e storico mentre viveva fra noi, e che è stata edificata su Pietro, capo della gerarchia ecclesiastica, e sui suoi successori attraverso i secoli. Quarto: accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa a noi dagli apostoli tramite i padri ortodossi, sempre con lo stesso senso e uguale contenuto, e respingo del tutto la fantasiosa eresia dell'evoluzione dei dogmi da un significato all'altro, diverso da quello che prima la Chiesa professava; condanno similmente ogni errore che pretende sostituire il deposito divino, affidato da Cristo alla Chiesa perché lo custodisse fedelmente, con una ipotesi filosofica o una creazione della coscienza che si è andata lentamente formando mediante sforzi umani e continua a perfezionarsi con un progresso indefinito. Quinto: sono assolutamente convinto e sinceramente dichiaro che la fede non è un cieco sentimento religioso che emerge dall'oscurità del subcosciente per impulso del cuore e inclinazione della volontà moralmente educata, ma un vero assenso dell'intelletto a una verità ricevuta dal di fuori con la predicazione, per il quale, fiduciosi nella sua autorità supremamente verace, noi crediamo tutto quello che il Dio personale, creatore e signore nostro, ha detto, attestato e rivelato. Mi sottometto anche con il dovuto rispetto e di tutto cuore aderisco a tutte le condanne, dichiarazioni e prescrizioni dell'enciclica Pascendi e del decreto Lamentabili, particolarmente circa la cosiddetta storia dei dogmi. Riprovo altresì l'errore di chi sostiene che la fede proposta dalla Chiesa può essere contraria alla storia, e che i dogmi cattolici, nel senso che oggi viene loro attribuito, sono inconciliabili con le reali origini della religione cristiana. Disapprovo pure e respingo l'opinione di chi pensa che l'uomo cristiano più istruito si riveste della doppia personalità del credente e dello storico, come se allo storico fosse lecito difendere tesi che contraddicono alla fede del credente o fissare delle premesse dalle quali si conclude che i dogmi sono falsi o dubbi, purché non siano positivamente negati. Condanno parimenti quel sistema di giudicare e di interpretare la sacra Scrittura che, disdegnando la tradizione della Chiesa, l'analogia della fede e le norme della Sede apostolica, ricorre al metodo dei razionalisti e con non minore disinvoltura che audacia applica la critica testuale come regola unica e suprema. Rifiuto inoltre la sentenza di chi ritiene che l'insegnamento di discipline storico-teologiche o chi ne tratta per iscritto deve inizialmente prescindere da ogni idea preconcetta sia sull'origine soprannaturale della tradizione cattolica sia dell'aiuto promesso da Dio per la perenne salvaguardia delle singole verità rivelate, e poi interpretare i testi patristici solo su basi scientifiche, estromettendo ogni autorità religiosa e con la stessa autonomia critica ammessa per l'esame di qualsiasi altro documento profano. Mi dichiaro infine del tutto estraneo ad ogni errore dei modernisti, secondo cui nella sacra tradizione non c'è niente di divino o peggio ancora lo ammettono ma in senso panteistico, riducendolo ad un evento puro e semplice analogo a quelli ricorrenti nella storia, per cui gli uomini con il proprio impegno, l'abilità e l'ingegno prolungano nelle età posteriori la scuola inaugurata da Cristo e dagli apostoli. Mantengo pertanto e fino all'ultimo respiro manterrò la fede dei padri nel carisma certo della verità, che è stato, è e sempre sarà nella successione dell'episcopato agli apostoli (1), non perché si assuma quel che sembra migliore e più consono alla cultura propria e particolare di ogni epoca, ma perché la verità assoluta e immutabile predicata in principio dagli apostoli non sia mai creduta in modo diverso né in altro modo intesa (2). Mi impegno ad osservare tutto questo fedelmente, integralmente e sinceramente e di custodirlo inviolabilmente senza mai discostarmene né nell'insegnamento né in nessun genere di discorsi o di scritti. Così prometto, così giuro, così mi aiutino Dio e questi santi Vangeli di Dio. Ego (Nome) firmiter amplector ac recipio omnia et singula, quae ab inerranti Ecclesiae magisterio definita, adserta ac dedarata sunt, praesertim ea doctrinae capita, quae huius temporis erroribus directo adversantur. Ac primum quidem: Deum, rerum omnium principium et finem, naturali rationis lumine per ea quae facta sunt (Rom 1,20), hoc est, per visibilia creationis opera, tamquam causam per effectus, certo cognosci, ideoque demonstrari etiam posse, profiteor. Secundo: externa revelationis argumenta, hoc est facta divina, in primisque miracula et prophetias admitto et agnosco tamquam signa certissima divinitus ortae Christianae religionis, eademque teneo aetatum omnium atque hominum, etiam huius temporis, intellegentiae esse maxime accommodata. Tertio: firma pariter fide credo Ecclesiam, verbi revelati custodem et magistram, per ipsum verum atque historicum Christum, cum apud nos degeret, proxime ac directo institutam eamdemque super Petrum, apostolicae hierarchiae principem, eiusque in aevum successores aedificatam. Quarto: fidei doctrinam ab apostolis per orthodoxos patres eodem sensu eademque semper sententia ad nos usque transmissam, sincere recipio; ideoque prorsus reicio haereticum commentum evolutionis dogmatum, ab uno in alium sensum transeuntium, diversum ab eo, quem prius habuit Ecclesia; pariterque damno errorem omnem quo divino deposito, Christi sponsae tradito ab eaque fideliter custodiendo, sufficitur philosophicum inventum, vel creatio humanae conscientiae, hominum conatu sensim efformatae et in posterum indefinito progressu perficiendae. Quinto: certissime teneo ac sincere profiteor, fidem non esse caecum sensum religionis e latebris «subconscientiae» erumpentem, sub pressione cordis et inflexionis voluntatis moraliter informatae, sed verum assensum intellectus veritati extrinsecus acceptae ex auditu, quo nempe, quae a Deo personali, creatore ac Domino nostro dicta, testata et revelata sunt, vera esse credimus, propter Dei auctoritatem summe veracis. Me etiam, qua par est reverentia, subicio totoque animo adhaereo damnationibus, declarationibus, praescriptis omnibus, quae in encyclicis litteris Pascendi et in decreto Lamentabili continentur, praesertim circa eam quam historiam dogmatum vocant. Idem reprobo errorem affirmantium, propositam ab Ecclesia fidem posse historiae repugnare, et catholica dogmata, quo sensu nunc intelleguntur, cum verioribus Christianae religionis originibus componi non posse. Damno quoque ac reicio eorum sententiam, qui dicunt Christianum hominem eruditiorem induere personam duplicem, aliam credentis, aliam historici, quasi liceret historico ea retinere, quae credentis fidei contradicant, aut praemissas adstruere, ex quibus consequatur, dogmata esse aut falsa aut dubia, modo haec directo non denegentur. Reprobo pariter eam Scripturae sanctae diiudicandae atque interpretandae rationem, quae, Ecclesiae traditione, analogia fidei et apostolicae Sedis normis posthabitis, rationalistarum commentis inhaeret, et criticam textus velut unicam supremamque regulam haud minus licenter quam temere amplectitur. Sententiam praeterea illorum reiicio, qui tenent, doctori disciplinae historicae theologicae tradendae aut iis de rebus scribenti seponendam prius esse opinionem ante conceptam sive de supernaturali origine catholicae traditionis, sive de promissa divinitus ope ad perennem conservationem uniuscuiusque revelati veri; deinde scripta patrum singulorum interpretanda solis scientiae principiis, sacra qualibet auctoritate seclusa eaque iudicii libertate, qua profana quaevis monumenta solent investigari. In universum denique me alienissimum ab errore profiteor, quo modernistae tenent in sacra traditione nihil inesse divini, aut, quad longe deterius, pantheistico sensu illud admittunt, ita ut nihil iam restet nisi nudum factum et simplex, communibus historice factis aequandum: hominum nempe sua industria, solertia, ingenio scholam a Christo eiusque apostolis inchoatam per subsequentes aetates continuantium. Proinde fidem patrum firmissime retineo et ad extremum vitae spiritum retinebo, de charismate veritatis certo, quad est, fuit eritque semper in episcopatus ab apostolis successione (1), non ut id teneatur, quod melius et aptius videri possit secundum suam cuiusque aetatis culturam, sed ut numquam aliter credatur, numquam aliter intellegatur absoluta et immutabilis veritas ab initio per apostolos praedicata (2). Haec omnia spondeo me fideliter, integre sincereque servaturum et inviolabiliter custoditurum, nusquam ab us sive in docendo sive quomodolibet verbis scriptisque deflectendo. Sic spondeo, sic iuro, sic me Deus adiuvet, et haec sancta Dei Evangelia. Carlo Di Pietro |
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