Coniugi ex-catechisti del Cammino
Mi chiamo Marina, sono austriaca ed oggi ho 61 anni. Dal 1972 sono sposata con Concetto. Abbiamo tre figli: Raffaella, Elisabetta ed Alfredo.
Ho conosciuto il "Movimento Neocatecumenale", noto come "Cammino Neocatecumenale", per la mia professione di fisioterapista. Fu infatti la madre d’una bambina affetta da handicap (che curavo) a farci conoscere questa realtà.
Subito accolsi l’invito a partecipare agli incontri, perché da tempo volevo avere un’esperienza religiosa che mi mettesse in comunione con altre persone.
Con mio marito entrai in Comunità nel 1984 iniziando così un’esperienza che avremmo concluso solo nel 1998. Ancor oggi, che pur denunciamo quel che segue, risentiamo delle idee che ci furono inculcate allora, specie di quella che "Il Cammino" è "La" strada da seguire per giungere alla Salvezza.
I discorsi martellanti che ci facevano, ci portavano a perdere la coscienza della nostra libertà e c’inducevano a sentirci legati indissolubilmente al "Cammino" convincendoci, nell’intimo, che avremmo rischiato la salvezza eterna, se ne fossimo usciti. Appena entrata mi sembrava di realizzare finalmente il mio desiderio. Ero felice, e nella Comunità mi sentivo "voluta bene". Da subito presi tutto con un certo entusiasmo. Le catechesi (anche se molto lunghe e martellanti), i fratelli, la Parola di Dio, la Mensa Eucaristica, le convivenze: tutto mi dava un’immensa gioia. Pensavo d’aver trovato finalmente la vera Chiesa. Con mio marito fui scelta come responsabile dopo il 1° passaggio. In seguito (sempre con mio marito), fui nominata Catechista. Concetto non era entusiasta come me. Io però lo incoraggiavo e lo trascinavo, perché prendevo alla lettera ogni cosa che mi dicevano. Pian piano anche lui crebbe nel fervore.
LA NOSTRA FAMIGLIA ED IL CAMMINO (di Marina)
In Comunità tutto andava per il meglio, ma a casa, si affacciavano le prime nuvole all’orizzonte. Su suggerimento dei Catechisti, volevamo che anche i nostri figli frequentassero il "Cammino". Divenni ossessiva con loro: non potevo disobbedire ai Catechisti! Questi, infatti, continuavano a sostenere che, se loro non venivano, era perché noi non li invogliavamo a sufficienza e non davamo loro i giusti segni. Era nostro dovere trasmettere loro, specie dopo le convivenze, quelle esperienze tanto toccanti.
La situazione in famiglia diventava sempre più insopportabile. Continue sofferenze, incomprensioni, diffidenze, accuse e minacce erano all’ordine del giorno. Dopo qualche tempo abbiamo convinto Elisabetta e Raffaella ad entrare in Comunità. Raffaella lasciò dopo il 2° Passaggio, mentre Elisabetta non ne volle più sentire dopo che agli ‘scrutini’ i catechisti la umiliarono assai. Dopo lo Shemà non tornò più. Da quel momento cominciai a vedere ogni suo insuccesso come conseguenza dell’abbandono della Comunità.
Altro motivo di sofferenza per noi, era sapere che il fidanzato di Raffaella non fosse un membro del "Cammino". I catechisti erano stati precisi in merito. Ci dicevano: "Il matrimonio tra due persone del ‘Cammino’ è molto importante, anzi, indispensabile per formare una buona famiglia cristiana". Se in fidanzato di Raffaella fosse entrato in Comunità, entrambi avrebbero dovuto iniziare il Cammino insieme. Infatti, quando una persona si fidanzava o si sposava, doveva ricominciare daccapo il Cammino, insieme al partner, indipendentemente dalla Tappa cui era giunta.
Per anni abbiamo portato questi pesi senza accorgerci che la nostra famiglia, invece di unirsi nell’amore in Cristo, si sbriciolava da tutte le parti.
Per 14 anni non abbiamo potuto vivere un sabato sera con i nostri figli, abbandonandoli a se stessi e privandoci della loro compagnia. Mai una passeggiata insieme! Mai una sera dai parenti o in pizzeria! Oggi sono adulti e non ci perdonano di averli abbandonati, quando dovevamo stare loro vicini più che in ogni altro periodo della loro vita. Ogni sabato sera andavamo alla Mensa Eucaristica e tornavamo tardi. Il giorno seguente, dopo averli invitati in modo opprimente a dire le Lodi, ci ritenevamo liberi da ogni impegno, mentre loro ci lasciavano soli per andare a Messa. Spesso, la domenica, andavamo in Convivenza, mentre loro facevano una scampagnata o andavano da amici o parenti perché si sentivano soli. Ho ricordo di poche domeniche passate serenamente insieme come dovrebbe succedere in ogni famiglia. Di questo i nostri figli ci hanno sempre accusato. Alle loro accuse noi rispondevamo che il "Cammino" era più importante di qualsiasi altro impegno, anche se familiare o religioso. Dovevamo, infatti, mettere gli impegni del "Cammino" prima d’ogni altra cosa: ricorrenze del compleanno dei figli, riunioni con parenti o, addirittura, feste patronali. Se qualcuna di queste ricorrenze si svolgeva in concomitanza con una riunione della Comunità, non c’era possibilità di scelta: bisognava non andarci! Ad incontri importanti come Convivenze Regionali, non dovevamo mancare nemmeno per motivi seri, come gravi problemi di lavoro, familiari o di salute. L’unico interesse che dovevamo avere, era di partecipare alla vita della Comunità.
Una volta, una sorella della nostra Comunità (S.G.) non poté partecipare ad una Convivenza della "Redditio" perché, qualche giorno prima, sua madre aveva avuto un ictus. Quando i catechisti la videro in un successivo incontro, l’accusarono d’essere attaccata al danaro, perché avrebbe dovuto far accudire la madre da un’infermiera, per poter così partecipare alla Convivenza. Lei scoppiò in lacrime, ma questo non servì a nulla: le fu imposto di andare con un’altra Comunità a fare quella Convivenza.
Un’altra sorella, giunta dopo decenni all’ultima tappa dell’"Elezione" o, come la chiamano, di "Gerusalemme", chiese ai catechisti di poter partire per la Terra Santa, il giorno seguente, per conto proprio, perché proprio nel giorno previsto per la partenza, sua figlia doveva sposarsi. I catechisti le risposero che questo non era possibile. Lei doveva scegliere: o andare al matrimonio di sua figlia o partire per la Terra Santa. L’episodio mi è stato raccontato dalla figlia di questa mia ‘sorella’. Questi episodi ci facevano capire come, facendo parte del Cammino dovevamo cambiare. Ci convincevamo così che "Nulla giova alla Salvezza come il Cammino".....
LA TESTIMONIANZA CONTINUA ALLA PAGINA DEL SITO REOCITIES
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