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martedì 27 luglio 2010

S. Pio V Bolla "QUO PRIMUM TEMPORE" rigettata da Paolo VI

 

 

S. Pio V Bolla "QUO PRIMUM TEMPORE" Pius Episcopus servus servorum dei ad perpetuam dei memoria

     I. Fin dal tempo della Nostra elevazione al sommo vertice dell'apostolato, abbiamo rivolto l'animo, i pensieri e tutte le Nostre forze alle cose riguardanti il culto della Chiesa, per conservarlo puro, e, a tal fine, ci siamo adoperati con tutto lo zelo possibile a preparare e, con l'aiuto di Dio, mandare ad effetto i provvedimenti opportuni. E poiché, tra gli altri decreti del sacro Concilio di Trento, ci incombeva di eseguire quelli di curare l'edizione emendata dei Libri Santi, del Messale, del Breviario e del Catechismo avendo già, con l'approvazione divina, pubblicato il Catechismo, destinato all'istruzione del popolo, e corretto il Breviario, perché siano rese a Dio le lodi dovuteGli, ormai era assolutamente necessario che pensassimo quanto prima a ciò che restava ancora da fare in questa materia, cioè, pubblicare il Messale, e in tal modo che rispondesse al Breviario: cosa opportuna e conveniente, poiché nella Chiesa di Dio uno solo è il modo di salmodiare, così sommamente conviene che uno solo sia il rito di celebrare la Messa.
     II. Per la qual cosa, abbiamo giudicato di dover affidare questa difficile incombenza a uomini di eletta dottrina. E questi, infatti, dopo aver diligentemente collazionato tutti i codici raccomandabili per la loro castigatezza e integrità — quelli vetusti della Nostra Biblioteca Vaticana e altri ricercati da ogni luogo — e avendo inoltre consultato gli scritti di antichi e provati autori, che ci hanno lasciato memorie sul sacro ordinamento dei medesimi riti, hanno infine restituito il Messale stesso nella sua antica forma secondo la norma e il rito dei Santi Padri.
     III. Pertanto, dopo matura considerazione, abbiamo ordinato che questo Messale, già così riveduto e corretto, venisse quanto prima stampato in Roma, e, stampato che fosse, pubblicato, affinché da una tale intrapresa e da un tale lavoro tutti ne ricavino frutto: naturalmente, perché i sacerdoti comprendano di quali preghiere, di qui innanzi, dovranno servirsi nella celebrazione della Messa, quali riti e cerimonie osservare, perciò affinché tutti e dovunque adottino e osservino le tradizioni della santa Chiesa Romana, Madre e Maestra delle altre Chiese, ordiniamo che nelle chiese di tutte le Provincie dell'Orbe cristiano: nelle Patriarcali, Cattedrali, Collegiate e Parrocchiali del clero secolare, come in quelle dei Regolari di qualsiasi Ordine e Monastero, maschile e femminile, nonché in quelle degli Ordini militari, nelle private o cappelle, dove a norma di diritto e per consuetudine si celebra secondo il rito della Chiesa Romana, in avvenire e senza limiti di tempo, la Messa, sia quella conventuale cantata presente il coro, sia quella semplicemente letta a bassa voce, non potrà essere cantata o recitata in altro modo da quello prescritto dall'ordinamento del Messale Noi pubblicato e ciò anche se le summenzionate chiese, comunque esenti, usufruissero di uno speciale indulto della Sede Apostolica, di una legittima consuetudine, di un privilegio fondato su dichiarazione giurata e confermato dall'Autorità apostolica, e di qualsivoglia altra facoltà.
     IV. Non intendiamo tuttavia in alcun modo, privare del loro ordinamento quelle tra le summenzionate Chiese che, o dal tempo della loro istituzione, approvata dalla Sede Apostolica, o in forza di una consuetudine, possono dimostrare un proprio rito ininterrottamente osservato per oltre duecento anni. Tuttavia, se anche queste Chiese preferissero far uso del Messale, che abbiamo ora pubblicato, Noi permettiamo che esse possano celebrare le Messe secondo il suo ordinamento alla sola condizione che si ottenga il consenso del Vescovo, o dell'Ordinario, e di tutto il Capitolo.
     V. Invece, mentre con la presente nostra Costituzione, da valere in perpetuo, priviamo (tutte le summenzionate Chiese dell'uso dei loro Messali. che ripudiamo in modo totale e assoluto. stabiliamo e comandiamo, sotto pena della nostra indignazione che a questo Nostro Messale, recentemente pubblicato nulla mai possa venire aggiunto, detratto, cambiato... Dunque, ordiniamo a tutti e singoli i Patriarchi e Amministratori delle suddette Chiese, e a tutti gli ecclesiastici, rivestiti di qualsiasi dignità, grado e preminenza, non escluso i Cardinali che Santa Romana Chiesa, facendone loro severo obbligo in virtù di santa obbedienza, che, in avvenire abbandonino del tutto e completamente rigettino tutti gli altri ordinamenti e riti, senza alcuna eccezione, contenuti negli altri Messali, per quanto antichi essi siano e finora soliti ad essere usati, e cantino e leggono la Messa secondo il rito, la forma e la norma, che noi abbiamo prescritto nel presente Messale; e, pertanto, non abbiano l'audacia di aggiungere altre cerimonie o recitare altre preghiere che quelle contenute in questo messale.
     VI. Anzi, in virtù dell'autorità Apostolica noi concediamo, a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l'lndulto Perpetuo di poter seguire, in modo generale, in qualunque Chiesa, senza scrupolo alcuno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui avranno la piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente, cosi che Prelati, Amministratori, Canonici, Cappellani e tutti gli altri Sacerdoti secolari, qualunque sia il loro grado, o i Regolari, a qualunque Ordine appartengano, non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che Noi abbiamo prescritta ne d'altra parte. possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale.
     VII. Similmente, decretiamo e dichiariamo che le presenti Lettere in nessun tempo potranno venir revocate o diminuite, ma stabili sempre e valide dovranno persevera re nel loro vigore. E ciò non ostanti: precedenti costituzioni e decreti, tanto generali che particolari, pubblicati in Concili sia Provinciali che Sinodali; qualunque stauto e consuetudine in contrario, nonché l'uso delle predette Chiese, fosse pur sostenuto da prescrizione lunghissima e immemorabile, ma non superiore ai duecento anni.
     VIII. Inoltre, vogliamo, e con la medesima Autorità, decretiamo che, avvenuta la promulgazione della presente Costituzione, e seguita l'edizione di questo Messale, tutti siano tenuti a conformarvisi nella celebrazione della Messa cantata e letta: i Sacerdoti della Curia Romana, dopo un mese; quelli che sono di qua dai monti, dopo tre mesi quelli che sono di la dei monti, dopo sei mesi, o appena sarà loro proposto in vendita.
     IX. Affinché poi questo Messale sia ovunque in tutta la terra preservato incorrotto e intatto da mende ed errori, ingiungiamo a tutti gli stampatori di non osare o presumere di stamparlo, metterlo in vendita o riceverlo in deposito, senza la Nostra autorizzazione o la speciale licenza del Commissario Apostolico, che Noi nomineremo espressamente nei diversi luoghi a questo scopo: ciò, se prima detto Commissario non avrà fatto all'editore piena fede che l'esemplare, che deve servire di norma per imprimere gli altri, e stato collazionato con il Messale stampato in Roma secondo la grande edizione, e che gli e conforme ed in nulla ne discorda; sotto pena, in caso contrario, della perdita dei libri e dell'ammenda di duecento ducati d'oro da devolversi ipso facto alla Camera Apostolica, per gli editori che sono nel Nostro territorio e in quello direttamente o indirettamente soggetto a Santa Romana Chiesa: della scomunica latae sententiae e di altre pene a Nostro arbitrio, per quelli che risiedono in qualsiasi altra parte della terra.
     X. Data però la difficoltà di trasmettere le presenti Lettere nei vari luoghi dell'orbe cristiano, e di portarle alla conoscenza di tutti il più presto possibile. Noi prescriviamo che esse vengano affisse e pubblicate come di consueto alle porte della Basilica del Principe degli Apostoli e della Cancelleria Apostolica, e in piazza di Campo dei Fiori, dichiarando che sia nel mondo intero accordata pari e indubitata fede agli esemplari delle medesime, anche stampati, purché sottoscritti per mano di pubblico notaio e muniti del sigillo di persona costituita in dignità ecclesiastica, come se queste Lettere fossero mostrate ed esibite.
     XI. Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento: facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto dichiarazione, volontari, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l'audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell'indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.
     Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno quattordici di luglio, nell'anno mille cinquecento settanta, quinto del Nostro Pontificato.
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 Ecco gli artefici della distruzione della Liturgia Cattolica.... Bugnini, (massone) e Paolo VI il Papa modernista.


Diciamo questo perché oggi sta avvenendo esattamente il contrario: non si ha il coraggio di dichiarare il cattolicissimo Dogma della Corredenzione di Maria Santissima, ma in compenso si continua a parlare del Concilio (nonostante gli evidentissimi risvolti storicamente negativi) come fosse qualcosa di intoccabile, di indiscutibile, come se il Concilio stesso fosse il Dogma per eccellenza! Paolo VI si è potuto permettere di invalidare le disposizioni liturgiche riguardanti la Celebrazione Eucaristica che solennemente emise il suo Santo Predecessore Pio V, Lui stesso l’ha detto: "Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio Vaticano II. Non diversamente il nostro santo Predecessore Pio V aveva reso obbligatorio il Messale riformato sotto la sua autorità, in seguito al Concilio Tridentino. La stessa disponibilità noi esigiamo, con la stessa autorità suprema che ci viene da Cristo Gesù, a tutte le altre riforme liturgiche, disciplinari, pastorali, maturate in questi anni in applicazione ai decreti conciliari. Ogni iniziativa che miri a ostacolarli non può arrogarsi la prerogativa di rendere un servizio alla Chiesa: in effetti reca ad essa grave danno."(Conclave segreto)
Disse questo ignorando allegramente le sante minacce con cui il Pontefice diffidava chi in futuro volesse attentare all’ortodossia della liturgica cattolica, «E se nondimeno qualcuno osasse attentare con un'azione contraria al Nostro presente ordine, dato per sempre, sappia che incorrerà nell’ira di Dio Onnipotente e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo», e lo fece emettendo un nuovo Messale che praticamente quasi vietava l’uso del precedente: dimostrando che il contenuto conclusivo di un Concilio non è affatto un Dogma inoppugnabile, come non è stato considerato tale da Paolo VI quello di Trento! (Ma il Santo Concilio di Trento era di natura dogmatica, eppure – colmo del controsenso! – fu annullato da un Concilio di tipo pastorale!)
La cosiddetta “Messa Tridentina” fu promulgata e sigillata nei secoli, sino alla fine di codesto mondo, da San Pio V con la Costituzione Apostolica Quo primum del 19 luglio 1570. Il Santo Papa dichiarava: «Con il nostro presente decreto, valido in perpetuo, Noi determiniamo e ordiniamo che mai niente dovrà essere aggiunto, omesso o cambiato in questo Messale».  Al fine di vincolare i posteri, affermò che «mai, in avvenire, un sacerdote, sia regolare che religioso, potrà essere costretto ad usare un altro modo di dire la Messa». E, onde prevenire una volta per tutte ogni scrupolo di coscienza o paura di sanzioni e censure ecclesiastiche, aggiunse: «Noi qui dichiariamo che, in virtù della Nostra Autorità Apostolica, decretiamo e decidiamo che il nostro presente ordine e decreto durerà in perpetuo e non potrà mai essere legalmente revocato o emendato in avvenire». Si può giudicare l’importanza che San Pio V stesso attribuì al suo atto, leggendo queste sue parole: «E se nondimeno qualcuno osasse attentare con un'azione contraria al Nostro presente ordine, dato per sempre, sappia che incorrerà nell’ira di Dio Onnipotente e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo».
Di questo tenore sono le interdizioni e le censure di San Pio V, oltre le quali è andato Paolo VI (1897-1978) con la sua Costituzione Apostolica Missale Romanum del 3 aprile 1969, decretando forme nuove per la Messa e sostenendole con la seguente dichiarazione: “Noi desideriamo che i Nostri presenti decreti e prescrizioni siano fermi e validi per il presente e per l’avvenire, nonostante, nella misura necessaria, le ordinanze promulgate dai nostri predecessori.”
Già nel 1969, gli autori del Breve esame critico del Novus Ordo Missæ, presentato a Paolo VI dai Cardinali Alfredo Ottaviani e Antonio Bacci, affermavano: “E’evidente che il Novus Ordo non vuole più rappresentare la fede (del Concilio) di Trento. A questa fede, nondimeno, la coscienza cattolica è vincolata in eterno. Il vero cattolico è dunque posto, dalla promulgazione del Novus Ordo in una tragica necessità di opzione”.
“Addirittura imbarazzante la risposta che Paolo VI darà all’amico Jean Guitton nel novembre 1976. Durante un incontro privato Guitton, di fronte al disastro prodotto dalla riforma liturgica, con i tanti abusi permessi, segnala a Paolo VI anche l’irrazionalità e l’autoritarismo con cui si è proceduto: “L’opinione generale non può ammettere che tutte le Messe siano consentite salvo quella di San Pio V, Messa che tutti i Vescovi dicevano durante il Concilio”. Poi dice al Papa che: “Sarebbe auspicabile […] l’annullamento dell’interdizione fatta in Francia di dire questa Messa di San Pio V che il Concilio non ha mai preteso abolire.”
La risposta di Montini è perentoria e agghiacciante: “Questo mai!” Ma ancora più incredibile la motivazione: “Questa Messa, come lo si vede ad Econe, diviene il simbolo della condanna del Concilio. Non accetterò mai che si condanni il Concilio per mezzo di un simbolo.”
(Jean Guitton, Paolo VI segreto, cit., pp. 144-145).
“Inutile sottolineare, come fa Guitton, che il Concilio non aveva affatto abolito quella Messa, che la nuova liturgia ha disastrato la Chiesa e che è stata un’ imposizione autoritaria dello stesso Paolo VI che doveva prendersi le sue responsabilità senza farsi scudo del Concilio. Papa Montini fu ostinato a non volerla dar vinta ad Econe e agli altri Suoi critici. Pur vedendo “auto- demolirsi”, non volle ammettere di aver sbagliato. Così sino alla fine.”
(Antonio Socci “Il quarto segreto di Fatima”, nota n°357 pag. 211)
“In quelle pagine il futuro papa rievoca la pubblicazione del messale di Paolo VI, con il divieto quasi completo del messale precedente. Commenta Ratzinger: “Rimasi sbigottito per il divieto quasi completo del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia della liturgia. Si diede l’impressione che questo fosse del tutto normale. Il messale precedente realizzato da San Pio V nel 1570, faceva seguito al Concilio di Trento; era quindi normale che, dopo 400 anni e un nuovo Concilio, un nuovo Papa pubblicasse un nuovo messale. Ma la verità storica è un'altra. Pio V si era limitato a far rielaborare il messale romano allora in uso, come nel corso vivo della storia era sempre avvenuto lungo tutti i secoli […] senza mai contrapporre un messale ad un altro. Si è sempre trattato di un processo continuativo di crescita e di purificazione, in cui però la continuità non veniva mai distrutta […].” “Ora invece - scriveva Ratzinger - la promulgazione del divieto del messale che si era sviluppato nel corso dei secoli, fin dal tempo dei sacramentali dell’antica Chiesa, ha comportato una rottura nella storia della liturgia, le cui conseguenze potevano essere solo tragiche […] si fece a pezzi l’edificio antico e se ne costruì uno nuovo […]. Per la vita della Chiesa è drammaticamente urgente un rinnovamento della coscienza liturgica, una riconciliazione liturgica, che torni a riconoscere l’unità della storia della liturgia e comprenda il Vaticano II non come rottura, ma come momento evolutivo.”
(Joseph Ratzinger, “La mia vita”, cit., pp. 113-115/Antonio Socci, dal suo libro: “Il quarto segreto di Fatima”, nota n°361 a p. 212)
L’incredibile discorso fatto da Paolo VI all’amico Jean Guitton, fa comprendere in pieno ciò che in realtà aveva in mente di fare e ha fatto codesto Pontefice:
“E’qui che la grande novità verrà notata, la grande novità del linguaggio. Non sarà più in latino, ma la lingua parlata sarà la lingua principale per la Messa. L’introduzione del vernacolo costituirà certamente un grande sacrificio per coloro che conoscono la bellezza, il potere e la sacralità espressiva del latino. Stiamo dipartendoci dalla lingua parlata nei secoli Cristiani; siamo quasi come dei profani intrusi all’interno della riserva letteraria dell’espressione sacra. Perderemo una gran parte di quella cosa artistica e spirituale, dalla bellezza incomparabile, quale è il canto Gregoriano. Avremo motivi per rimpiangere questa decisione o almeno per essere perplessi. Cosa potremo mai sostituire alla lingua degli Angeli? Stiamo dando via qualcosa dal valore incalcolabile, perché? Cosa ci può mai essere di più prezioso di questi valori, tra i più elevati della nostra Chiesa? La risposta sembrerà banale, quasi prosaica. Ma è una buona risposta in quanto umana, apostolica. La compressione della preghiera è più importante dei sontuosi vestiti in cui è regalmente vestita. La partecipazione della gente è più preziosa - in particolare la partecipazione  della   gente  moderna -  che  apprezza   il  linguaggio  semplice  che  possa  essere  facilmente compreso e convertito nel linguaggio di tutti i giorni”.

Chiunque ha preso parte a codesto scempio della Liturgia di sempre, non ha fatto altro che portare avanti ciò che lo scellerato Martin Lutero disse 500 anni fa’:
...Affermo che tutti gli omicidi, i furti, gli adulterii sono meno cattivi che questa abominevole Messa … (Lutero. Sermone della 1° domenica d’Avvento)
“Quando la Messa sarà rovesciata, io penso che avremo rovesciato l’intero papato.” (Lutero. Trattato contro Henricum).
 E ancora sempre molto “gentilmente" e con più colori: «Quando la messa sarà stata rovesciata, io sono convinto che avremo rovesciato con essa tutto il papismo. Il papismo, infatti, poggia sulla messa come su di una roccia, tutto intero, con i suoi monasteri, vescovadi, collegi, altari, ministeri e dottrine, in una parola, con tutta la sua pancia. Tutto ciò crollerà necessariamente quando sarà crollata la loro messa sacrilega e abominevole. Io dichiaro che tutti i bordelli, gli omicidi, i furti, gli assassinii e gli adulterii sono meno malvagi di quella abominazione che è la messa papista.»





Canoni Tridentini sul Santissimo Sacrificio della Messa
  • Concilio di Trento- Can. 1. Se qualcuno dirà che nella Messa non si offre a Dio un vero e proprio sacrificio, o che essere offerto significa semplicemente che Cristo ci viene dato in cibo: sia anatema.
  • - Can. 2. Se qualcuno dirà che con le parole: "Fate questo in memoria di me" [Lc 22,19; I Cor 11,24] Cristo non ha costituito i suoi apostoli sacerdoti o non li ha ordinati perché essi e gli altri sacerdoti offrano il suo corpo e il suo sangue: sia anatema [cf * 1740].
  • - Can. 3. Se qualcuno dirà che il sacrificio della Messa è solo un sacrificio di lode e di ringraziamento, o una semplice commemorazione del sacrificio offerto sulla croce, e non un sacrificio propiziatorio; o che giova solo a chi lo riceve; e che non deve essere offerto per i vivi e per i morti, per i peccati, le pene, le soddisfazioni e altre necessità: sia anatema [cf *1743].
  • - Can. 4. Se qualcuno dirà che col sacrificio della Messa si bestemmia o si attenta al sacrificio di Cristo consumato sulla croce: sia anatema [cf. *1743].
  • - Can. 5. Chi dirà che celebrare le messe in onore dei santi e per ottenere la loro intercessione presso Dio, come la chiesa intende, è un'impostura: sia anatema [cf. *1744].
  • - Can. 6. Se qualcuno dirà che il canone della Messa contiene degli errori, e che, quindi, bisogna abolirlo: sia anatema [cf *1745].
  • - Can. 7. Se qualcuno dirà che le cerimonie, i paramenti e gli altri segni esterni di cui si serve la chiesa cattolica nella celebrazione della Messa, sono piuttosto provocazioni dell'empietà, che manifestazioni di pietà: sia anatema [cf *1746].
  • - Can. 8. Se qualcuno dirà che le Messe nelle quali SOLO il sacerdote si comunica sacramentalmente sono illecite e, quindi, da sopprimere: sia anatema [cf 1747].
  • - Can. 9. Se qualcuno dirà che il rito della chiesa romana, secondo il quale parte del canone e le parole della consacrazione si profferiscono a bassa voce, è da condannarsi; o che la Messa deve essere celebrata solo nella lingua del popolo; o che nell'offrire il calice l'acqua non deve essere mischiata col vino, perché ciò sarebbe contro l'istituzione di Cristo: sia anatema [cf *1746; *1748s].

1 commento:

  1. Can. 3. Se qualcuno dirà che il sacrificio della Messa è solo un sacrificio di lode e di ringraziamento, o una semplice commemorazione del sacrificio offerto sulla croce, e non un sacrificio propiziatorio; o che giova solo a chi lo riceve; e che non deve essere offerto per i vivi e per i morti, per i peccati, le pene, le soddisfazioni e altre necessità: sia anatema [cf *1743].
    (Canoni Tridentini sul Sacrificio della Santa Messa)


    mi chiedo cosa direbbero i neocatecumenali al riguardo...

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