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giovedì 29 luglio 2010

Cammino Neocatecumenale i distruttori del Sacramento della Confessione..

 
Tratto dal libro di Don Elio Marighetto I SEGRETI DEL CAMMINO NEOCATECUMENALE 
 
1° PARTE.......
LA PENITENZA

STORIA FALSIFICATA

E’ UN SACRAMENTO IN CRISI
NON RISPONDE AL SENSO CHE L’UMANITA’ HA DEL PECCATO

    “La pratica della confessione attraversa oggi una crisi assoluta… perché il senso che ha oggi la società, - passata dall’essere una società individualista a società aperta al senso comunitario - fa sì che le forme e i modi con cui oggi spieghiamo questo sacramento della confessione, non rispondano alle necessità attuali. E siccome non corrispondono a queste necessità, i giovani trovano la confessione senza senso rispetto alle loro situazioni di peccato, perché la confessione così com’è oggi, risponde ad una idea legalista del peccato, non ad un’idea esistenziale quale oggi la psichiatria sta introducendo nel mondo. Risponde cioè ad una idea molto individuale di peccato quando oggi si vanno scoprendo i valori comunitari. Oggi il senso del peccato nel sociale, nell’onestà professionale, nei rapporti con gli altri è molto in voga, mentre l’aspetto sessuale è passato in secondo piano. Questo cambiamento fa sì che l’esplicitazione che oggi facciamo del sacramento della penitenza, vale a dire della confessione, non risponde sacramentalmente al senso che l'umanità ha del peccato e della conversione. Per questo la pratica della confessione è in crisi totale” (OR, pp. 162-163).

Kiko non concepisce il peccato come una mancanza d’amore al nostro Dio ma semplicemente come una trasgressione di regole, dettate un tempo dalla ‘Legge’ ed oggi dalle tendenze e dalle mode della società “scoperte e introdotte dalla psichiatria”. Ciò significa che un comportamento che oggi viene considerato peccato domani non lo sarà più perché è cambiata la mentalità.
Risulta poi pericolosa la deresponsabilizzazione personale a favore dei valori comunitari: la scoperta dell’influsso che ogni atto umano ha nel sociale (corpo mistico), non sminuisce la nostra responsabilità personale.

LA CONVERSIONE E’ SOLO DONO, CHIAMATA, INIZIATIVA DI DIO

    “Il peccato nella Scrittura… ha sempre un senso esistenziale ed ontico di situazione dell’uomo sulla terra. Così lo presenta il Genesi: situazione di nudità, di timore, di morte. Non ha mai un senso legalista e giuridico come ha acquistato ai nostri giorni.
    “A questa idea di peccato come situazione della natura umana di impotenza, di caduta in potere del male corrisponde l’idea della conversione. La conversione non è mai uno stringere i denti, uno sforzo dell’uomo. La conversione in tutta la Scrittura appare come un dono di Dio, una chiamata di Dio, una iniziativa di Dio. … Chiamare a conversione non è esigere dalla gente, ma dare alla gente l’opportunità di convertirsi avendo presentato davanti a loro Gesù Cristo Risuscitato… (OR, p. 163).
    “Qui si vede che la conversione è un dono enorme di Dio, frutto della resurrezione di Gesù Cristo, con la quale dona all’umanità la possibilità di convertirsi. Per questo la conversione è un’opera di Dio, non è affatto uno sforzo volontarista dell’uomo.
    “Per questo gli annunci che voi fate del Kerygma chiamando a conversione, sono sempre kerygmatici, perché gridano, proclamano la conversione, che è l’essenza del Kerygma.
    “Quando diciamo: tutti i peccati sono perdonati in Gesù Cristo, diciamo la verità, però… per poter ricevere questo perdono c’è bisogno di essere prima in uno spirito di conversione, avere questa illuminazione: che tu sei nel peccato” (OR, p. 164).
    “E’ una grande verità che Dio ha perdonato tutti i peccati nel suo Figlio Gesù Cristo, però è anche vero che devi accettare questo perdono dei peccati.
    “E per accettare questo perdono per prima cosa devi riconoscerti peccatore, cosa difficilissima. Per questo viene in tuo aiuto Dio chiamandoti a conversione.   
    “Ed inoltre questo non è mai in un senso individualista. Tant’è vero che per il peccato nascosto di uno solo vengono sconfitti dai loro nemici ad Ay e devono scoprire chi ha rotto l’Alleanza se vogliono vincere i loro nemici. Perché se uno solo rompe l’alleanza è come se la rompesse tutto il popolo. In tutta la Scrittura c’è sempre un senso comunitario del peccato” (OR, p. 165).

Parlando della conversione, Carmen mette in evidenza solo l’agire di Dio, e non fa cenno all’impegno dell’uomo per rispondere alla Grazia.
Lutero diceva: “Pecca fortiter sed crede firmiter!”. “Stai tranquillo, Dio è sempre pronto a perdonarti”. E se ancora non ti converti non è per tua colpa, ma perché Dio non ha ancora compiuto la sua opera in te. Ma se fosse vero che la conversione non esige un cambiamento di vita, allora l’uomo potrebbe continuare a condurre la sua vita di peccato e ricevere i sacramenti come prima! Carmen considera vano ogni combattimento spirituale e lo qualifica come volontarismo o moralismo.

LA CONVERSIONE NON E’ UN PENTIRSI DEL PASSATO

“La conversione non ha mai un senso moralista o volontarista, ma al contrario è essenzialmente un cambiamento di mentalità, un cambiamento di direzione. La traduzione dei Settanta, dice in greco: METANOIA, che significa che camminavano molto confusi, per un’altra strada e in un dato momento appare Dio è all’apparire di Dio apre un cammino: allora l’uomo ciò che deve fare è mettersi in quel cammino, cercare il volto di Jahwéh , cambiare mentalità: andava in una direzione e la cambia guardando il volto di Dio che lo chiama col suo cammino.
      “… La conversione quindi sarà sempre mettersi di fronte a Dio.
“Perché tirare fuori il peccato è già luce…
    “Perché la conversione non è un pentirsi del passato, ma un camino in avanti, verso il futuro. Per questo la Chiesa primitiva l’esame di coscienza non lo pone alla fine del giorno, come sarà introdotto dai Gesuiti, ma al mattino, all’alzarsi. Perché convertirsi è mettersi di fronte a Dio quando cominci a camminare” (OR, pp. 165-167).

Con queste premesse, il CNC risulta un ‘Cammino’ senza un punto di partenza (la Conversione) cioè il pentimento delle colpe commesse ed il proposito di non ripeterle facendosi violenza per vincere ogni inclinazione al male e anche senza un punto d’arrivo (la Santità). Se il peccato non è possibile (perché l’uomo non è libero e non può offendere Dio), allora certo non è possibile neppure il pentimento.
Ma “L’atto essenziale della penitenza è la contrizione, ossia un chiaro e deciso ripudio del peccato commesso insieme col proposito di non tornare a commetterlo” (R.P., 31/III).
“Abbandonarsi in Dio, per Kiko, si risolve nell’abbandono totale nella sua misericordia che sempre tollera e perdona colui che non cambia, che ama così com’è. Questo… falsamente dà, una certezza: quella che non c’è alcuna responsabilità nel peccato e annulla completamente il pentimento nel cuore dei NC che, incapaci di fare il bene, si sentono autorizzati a continuare come delle marionette in balìa degli eventi…” (Test. Ex-Cat., p. 13).

LA CHIESA PRIMITIVA NON CONOSCE LA PENITENZA
MA SOLO IL BATTESIMO

       “La Chiesa primitiva considerava i peccati che non significano un uscire dal cammino, come frutto della debolezza dell’uomo,… in cammino verso la pienezza che non ha ancora…
       “La Chiesa primitiva non ha nessuna esplicitazione del sacramento della penitenza che non sia il Battesimo. Dopo con le apostasie o con le cose molto gravi, come l’omicidio, l’adulterio pubblico, che erano considerati peccati di morte, quando la Chiesa si istituzionalizza un poco, appare l’istituzione della penitenziale” (OR, p. 167).

Questa è l’interpretazione della storia della Penitenza che danno i protestanti, ma è contraddetta dai fatti. In realtà la Chiesa non ha mai negato il per¬dono dei peccati (anche gravi) ma ha sempre chiesto al peccatore di rompere con il peccato.

PRIMA ESPLICITAZIONE DEL SACRAMENTO DELLA PENITENZA
E’ LA SCOMUNICA

    “Cioè i valori essenziali del sacramento della penitenza sono: la situazione esistenziale di peccato, Dio non è rimasto indifferente ma è intervenuto, prendendo l’iniziativa e aprendo un cammino di salvezza e di conversione per il popolo.
    “Nella Chiesa primitiva, si considerano peccati di morte quasi solo l'apo-stasia, cioè il rinnegare il cammino, l'uscire dal cammino. Perché l’uomo durante il suo cammino è debole, e cade ma senza uscire dal cammino. Queste cadute la Chiesa primitiva le considera debolezze della fiacchezza dell’uomo” (OR, p. 166).
    “… la prima esplicitazione di quello che possiamo chiamare sacramento della penitenza per battezzati che seguito il cammino poi lo abbandonavano, è la scomunica. Perché la Chiesa non è cosa giuridica ma sacramentale. Non si può capire la penitenza senza una visione sacramentale della Chiesa. Se passiamo a una visione giuridica della Chiesa, come si farà dopo, la penitenza acquista anche essa una dimensione giuridica, la Chiesa primitiva è un Corpo che esplicita nel mondo la resurrezione di Gesù Cristo. Allora, se uno dei membri fa qualche peccato, cioè nega Gesù Cristo, fa un male all’umanità intera, perché non esplicita più all’umanità la salvezza che la Chiesa esprime. Per questo la prima cosa di fronte ad uno che ha rinnegato il cammino sarà sottoporlo alla scomunica.
    “Esce dalla Chiesa, lo cacciano fuori. Questa sarà una delle prime espressioni esterne del peccato nella Chiesa primitiva. Uscito, poi lo sottomettono alla penitenza. Questo lo vedremo nelle lettere di San Paolo quando dice di qualcuno che è stato dato in potere di satana perché si converta.
    “L’escludere qualcuno dalla comunità è un dono che gli si fa per facilitargli la conversione…
    “Il Pastore di Erma vede la Chiesa come una torre e dice: Uscirà fuori dalla torre, ma non lontano. E l’espressione del perdono dei peccati sarà l’essere riammesso nella comunità, nell’assemblea, nella eucarestia. Questa sarà la prima espressione della Chiesa primitiva come sacramento penitenziale. (OR, pp. 167-168).

Non è vero che solo l’apostasia fosse considerata peccato di morte.
S. Paolo presenta una lista di peccati, che non sono l’apostasia, ma che esclu¬dono dal Regno di Dio (Gal 5,19-21; 1Cor 6,9-10). La scomunica era prevista solo per peccati gravissimi e non per ogni peccato (che certo danneggia sempre anche la comunità); ma “la dimensione verticale della divisione e della riconciliazione... prevale sempre sulla di-mensione oriz¬zontale” (R. P., n° 7). Il Pastore di Erma diceva semplicemente che la Penitenza era possibile una sola volta dopo il Battesimo.

L’ISTITUZIONE PENITENZIALE E’ DEL III SECOLO

        “Già nel III sec. iniziano le controversie penitenziali con l’apparizione delle apostasie. Ora ci troviamo con una istituzione penitenziale, che tuttavia ancora non si chiama sacramento né nulla di simile…
    “Già nel III secolo troviamo una istituzione penitenziale nella quale ci sono tre elementi essenziali:
1)    La Chiesa riunita, con il presidente… che chiama i peccatori a conversione, a penitenza, facendoli uscire dall’assemblea… E’ pubblica perché è una celebrazione di comunità, non perché il peccatore dica i suoi peccati in pubblico… E’ pubblica perché è un atto liturgico. Viene fatta l’imposizione della veste penitenziale con una espulsione simbolica accompagnata dalle preghiere della comunità.
2)    La Chiesa si fa carico dei peccatori… Il peccatore non dice neppure i suoi peccati in pubblico, perché i suoi peccati sono conosciuti da tutti… Il carattere pubblico stava nel fatto che la Chiesa intera faceva il segno e, in presenza di tutta la comunità, il Vescovo imponeva il vestito penitenziale, la cenere e li mandava fuori; e perché tutta la Chiesa si preoccupava del penitente.
     Da ciò la somiglianza con il catecumenato…
3)    Il Giovedì Santo era il giorno della riconciliazione e il Vescovo, alla presenza di tutto il popolo, accoglieva i penitenti. Vedete come questo tipo di penitenza era sempre comunitario” (OR, pp. 168-169).

Nel III sec. la Didaché e S. Cipriano parlano già di peni¬tenza ecclesiastica.

REMISSIONE DEI PECCATI ANCHE SENZA L’ASSOLUZIONE
LA CONFESSIONE DI DEVOZIONE

“(Nel IV secolo)… la Chiesa appare come una massa di gente poco convertita, e sono apparsi i monaci, appare anche una nuova forma di penitenza. I monaci desiderano portare in qualche modo la conversione a questa gente. Perché siccome la gente pecca moltissimo c’è bisogno di perdonarla in qualche modo: qualcosa di più fattibile. Entra anche, in questa epoca, la mentalità del diritto germanico ed il peccato comincia ad essere una cosa legalista, una mancanza ad una serie di precetti.
“Ora il perdono dei peccati non avviene attraverso un cammino di conversione ma per espiazione.
“Cominciano ad apparire le liste dei peccati con le corrispondenti espiazioni. E perché si possano  perdonare i peccati c’è bisogno di una espiazione adeguata: a un certo peccato una certa espiazione.
“Appaiono dunque una visione del peccato ed una visione del perdono fortemente legaliste. Chi si incarica di tassare il peccato? I monaci penitenzieri.
“Questo è ciò che si chiama confessione tariffata. Appaiono le tariffe. E’ divertentissimo vedere le liste delle espiazioni.
 “Il primo penitenziale (il più antico) è del VI secolo. Adesso comincia ad essere necessario dire i peccati. Compare la confessione del peccato. Però, a quel tempo, la confessione dei peccati non è essenziale, è solo un mezzo per l’espiazione, perché se tu non dici i peccati al monaco, questi non sa quale espiazione ti debba applicare. L’essenziale è l’espiazione.
“Appaiono i grandi digiuni e penitenze. Per paura di essere lassisti si impone un nuovo rigorismo delle tariffe e delle espiazioni, così che si arriva al momento in cui il peccatore doveva fare tante espiazioni da non avere il tempo materiale da portarle a termine durante la vita. Allora appare l’espiazione vicaria: l’elemosina.
“I germanici introducono un accento individualista molto forte insieme al senso legalista. Ciò che interessa è la salvezza personale e per ottenerla si deve espiare molto.
“Allo stesso tempo iniziano le messe private dei monaci, perché si scopre il grande potere espiatorio della Messa. La Messa si trasforma in un mezzo validissimo per espiare” (OR, pp. 170-171).
“… Ora c’è solo il monaco che è un semplice intermediario con il compito di assegnare adeguate penitenze. Il monaco è una specie di direttore spirituale che indica le espiazioni da fare. Si è perso il senso del perdono del peccato in un’assemblea liturgica di tutta la comunità, presieduta dal Vescovo e si è passati ad una pratica in cui quasi è il peccatore che perdona a se stesso i suoi peccati attraverso una serie di espiazioni. Tant’è vero che non c’è neppure bisogno dell’assoluzione: una volta che ha espiato quantitativamente i peccati, essi restano perdonati. Non c’è più bisogno dell’intervento della Chiesa che dà il perdono in nome di Gesù Cristo.
“Il III Concilio di Toledo vuole tornare alla penitenza pubblica per dare alla penitenza la dimensione ecclesiale che aveva perduto. Perché la confessione si è trasformata in qualche cosa di privato che occorre fare e nella quale si raccontano al monaco i peccati perché imponga un’espiazione secondo la tariffa. Invece del processo penitenziale comincia ad apparire la confessione del peccato, anche se ancora non è essenziale…potendo essere compensata con elemosine, Messe e digiuni. L’espiazione degenera e perde il suo valore.
     “Allora appare come espiazione più grande il confessare i peccati. La confessione dei peccati, per l’umiliazione che suppone e per la vergogna che si prova a farla, inizia a prendere un senso di espiazione. Adesso entriamo nel periodo nel quale la confessione dei peccati è il centro della penitenza.
“Ciò si verifica già nel secolo XII. Appaiono le ideologie sul senso espiatorio della confessione dei peccati.  Così si impone come centrale nella penitenza, la confessione dei peccati. Allora quanto più ti vergogni e ti umili, estendendoti in dettagli, nella confessione dei tuoi peccati, tanto più espii. Così la confessione privata diventa una confessione di devozione. Ora non si confessano più solo i peccati mortali, ma qualsiasi stupidaggine, perché ciò che ha valore è il confessare” (OR, p. 172).

Nella storia della Penitenza ci sono state certo delle esagerazioni e delle espressioni fuorvianti, ma mai si è creduto alla remissione dei peccati senza la assoluzione! Nel secolo VI ha avuto inizio un diverso modo di celebrare la Penitenza che si è perpetuato fino ai nostri giorni. Da allora la assolu¬zione non venne data più dal solo Vescovo,  ma anche dal sacerdote.
L’accusa dei peccati e l’espiazione sono due atti del penitente ben distinti.
 “L’accusa dei peccati è compresa fin dai primi tempi cristiani, in collegamento con gli Apostoli e con Cristo… nel segno sacramentale”. Essa “appare così rilevante, che da secoli il nome usuale del Sacramento è stato ed è tuttora quello di confessione” (R.P., 31/III).
L’accusa dei peccati è una tradizione antichissima nella Chiesa (ne parlano Origene, Cipriano, Ambrogio, Girolamo, Gregorio Magno,…): è ben distinta dalla soddisfazione, come precisa il nostro Papa.
La confessione dei peccati veniali, approvata e favorita dalla Chiesa rappresenta un progresso della sensibilità della coscienza cristiana.

“I Francescani e i Domenicani estendono dappertutto la confessione privata come una devozione. Appare la confessione molto frequente, tutto al contrario della Chiesa primitiva…
“Si ritorna alle confessioni private ed a fare della confessione una devozione per la santificazione personale, cosa che giungerà fino ai nostri giorni.
    “Nel XII secolo è divenuta importante… la confessione dei peccati ed insieme l’assoluzione per il perdono…
    “In oriente almeno, anche se ci sono molte cose discutibili dovute all’intervento dei monaci, non c’è una confessione dettagliata dei peccati. Colui che si confessa si inginocchia ed altro non gli si tira fuori che: sono un peccatore. Allora gli si dà un tempo perché digiuni e si metta in conversione poi torna e gli si dà l’assoluzione” (OR, p. 173).

Così si confessano i NC che ammettono d’essere “grandi peccatori”, “travolti dalle basse passioni e dai sette vizi capitali”, sciorinando molte dotte spiegazioni che evidenziano tutto il loro sapere sul peccato… ma non aggiungono altro!
Stando alle testimonianze, nelle confessioni pubbliche che si fanno nei ‘passaggi’ del CNC, ‘davanti alla Croce e ai fratelli!’ gli aderenti devono dire tutto il loro passato fin nei minimi particolari, anche i più scabrosi, senza alcun riguardo per la presenza del coniuge, dei figli o di bambini. Una ragazza di mia conoscenza, dopo aver ascoltato le confessioni dei genitori, si è ‘stranita’ ed un’altra è stata ricoverata con disturbi psichici. Come non ricordare le parole di Gesù contro chi scandalizza un bambino!

NON L’ASSOLUZIONE DAVA IL PERDONO
MA LA RICONCILIAZIONE CON LA COMUNITA’

    “Immaginatevi che nella Chiesa primitiva prima di questo perdono c’era un lungo periodo nel quale la Chiesa gestava la conversione del penitente e il perdono non era un’assoluzione, ma una riconcili-azione con tutta la comunità mediante il segno della riammissione all'assemblea in un atto liturgico ecclesiale” (OR, p. 173).
    “Così la confessione si trasforma in qualcosa di tanto privato che la comunità non si vede da nessuna parte. Il sacramento non è più espressione della comunità ecclesiale ma una devozione privata personale. Tutte le degenerazione derivano dal perdere il senso comunitario della Chiesa come sacramento. Ora la Chiesa è solo il centro giuridico dove la gente si salva. La penitenza, una volta perso il pilastro della comunità si tra¬sforma in confes¬sione individuale.
    “Fa quasi ridere pen¬sare che è necessaria la sola ‘attrizione’ se ti vai a con-fessare e la ‘contrizione’ se non ti confes¬si...
    “Questo fatto della confessione dei peccati… rende tanto importante la cosa che il Concilio La¬te¬rano impone l’obbligo ai fedeli di confessarsi una volta l’anno.
    “Non ridete perché l’abbiamo vissuto anche noi. La confessione come mezzo di santificazione personale, così come la direzione spirituale, tutto fa parte del cam¬mino di perfezione...
    “Adesso comprendete che molte delle cose che diceva Lute¬ro avevano un fondamento” (OR, p. 174).

Essenza del sacramento della penitenza sono gli Atti del penitente e la Assoluzione del sacerdote (C.C.C., nn. 1448-1467).
La confessione di devozione che considera i peccati veniali come materia sufficiente, è stata, e sarà sempre raccomandata dalla Chiesa. “Ricordiamo che la confessione periodicamente rinnovata,…di ‘devozione’ ha accompagnato sempre nella Chiesa l’ascesa alla santità” (Discorso di Giovanni Paolo II, Ai Penitenzieri delle Basiliche di Roma, 31.1.81).
“La contrizione detta ‘imperfetta’ o ‘attrizione’ è, anch’essa, dono di Dio, un impulso dello Spirito Santo. Nasce dalla considerazione della bruttura del peccato o dal timore della dannazione eterna e delle altre pene la cui minaccia incombe sul peccatore (contrizione da timore). Quando la coscienza viene così scossa, può aver inizio una evoluzione interiore che sarà portata a compimento, sotto l’azione della grazia, dalla assoluzione sacramentale. Da sola, tuttavia, la contrizione imperfetta non ottiene il perdono dei peccati gravi, ma dispone a riceverlo nel sacramento della Penitenza” (C.C.C. n° 1453).
Per Carmen, invece, il peccato ha solo una dimensione sociale e, quindi, anche la conversione dovrà riguardare la società. Secondo lei, l’offeso non è Dio ma la Comunità, e quindi sarà la Comunità, a perdonare e ad assolvere. La cosa, però, non è poi importante perché in Gesù siamo già stati perdonati.
Queste affermazioni sono davvero preoccupanti!

    “Nell’evoluzione di questo sacramento… l’essenza rimane ma le espressioni esterne variano… in modo che si accordino con il momento presente, così da trovare espressioni che esplicitino sacramentalmente il perdono dei peccati e lo realizzino, ossia che la gente si senta perdonata, si senta in pace” (OR, p. 177).
“La gente normalmente risponde con molta sincerità e dice: mi sono sempre confessato individualmente, non ho mai temuto le sue conseguenze negli altri…
“La domanda stessa dice alla gente che la confessione non deve essere solo un atto individuale. Succede una cosa molto interessante: sempre la gente, anche quella che sente il senso comunitario e sociale, al momento di confessarsi si trova con l’idea di purificarsi da soli, perché della confessione abbiamo fatto un atto molto di religiosità naturale,  nel senso che quello che c’interessa è la nostra tranquillità di coscienza…
“Dobbiamo intonare tutti un mea culpa generale. Perché abbiamo timore per la nostra salvezza personale, abbiamo paura.
Confessandoti ritorni tranquillo.
“La confessione individuale privata ci ha segnato in questo senso. Forse ora alle comunità viene molta gente che mai si è confessata… Rispetto a questo, è gente molto più genuina, non vaccinata.
“A volte la confessione “del giorno”, cioè che ti confessi di quanto hai fatto nel giorno e poi resti pulito, ti porta a questo senso magico, a ignorare la tua situazione di fondo, di peccato nella quale nasci. La confessione può trasformarsi in un tranquillante passeggero che non ti porta ad una vera autentica conversione. Questo è la cosa più disastrosa di questo tipo di penitenza magica: non facilitare nell’uomo una concezione del peccato come situazione esistenziale, ma semplicemente con una serie di mancanze concrete rispetto ad una legge, mancanze di cui ti pulisci con la confessione.
“Spesso queste confessioni non hanno alcun potere di conversione nella vita… perché non c’è conversione…
“La legge, in questo tipo di confessione tranquillante, in cui ti accusi dettagliatamente di un peccato, invece di servirti per riconoscerti peccatore ti serve per il tuo perfezionismo personale” (OR, pp. 184-185).

Carmen continua a gettare discredito sulla storia della Chiesa, ridi¬colizzando e facendo apparire tutti gli altri ottusi ed ignoranti.

ATTENZIONE!!! Lo schema di questa Celebrazione è diverso da quello che verrà seguito in tutte le altre Cele¬brazioni Penitenziali che saranno le Comunità durante il loro cammino” (OR, ed. 1986, p. 225).
... Continua....

3 commenti:

  1. Nel leggere questi documenti evidenti di conclamata eresia, in contraddizione con quanto dicono pure gli ultimi due papi, io mi chiedo:
    Possibile che il card Tarcisio Bertone, il card Bagnasco non leggano queste abominazioni e non le comunichino al Papa ? Mi chiedo ancora, sono così ignoranti sul cammino che non conoscono queste cose cose ormai diffuse su vari blog,forse nel mondo ?Ma dov'è il "ruolo pastorale" ?

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  2. E aggiungo ancora: "il cammino è in osservazione.." Ah, sì ? E per quanto tempo i pastori terranno sotto osservazione ? vogliono vedere se lo sbranamento e disorientamento del gregge produce squartamento o sezionamento delle povere pecore? Si vuole attendere che i lupi figlino lupacchiotti, magari diventati pecore ?Dopo 40 anni non sembra se non peggio, cioè l'irrigidirsi ancor più in ciò che è stato tollerato ed elogiato in parte.E' tutto molto drammatico e preannuncia gravi cose

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  3. L'unica risposta che riesco a dare dopo tanto tempo e', SIMONIA, daltronde le testimonianze del fatto che siano eretici e la dottrina scoperta evidenziano questo fatto

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